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GEYSIR |
Urworte |
Hey!Blau |
2011 |
GER |
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“Un esordio molto interessante, attendiamo con piacere un full-length.” Con queste parole si chiudeva la nostra recensione riferita all’EP di esordio di questa band tedesca. Ora siamo arrivati al dunque. Beh, chiamarlo full-length ci vuole parecchio coraggio, visto che stiamo parlando di un lavoro che non arriva neppure a ventisette minuti, è comunque un disco strutturato a concept album, con il suo prologo e il suo epilogo. La band si presenta con la stessa formazione dell’esordio, con Frank Brembel, autore di tutte le tracce, al violino, Jenny Thiele alla voce e al piano, Thomas Mühlhoff alla chitarra, Immanuel Schulte-Ontrop al basso e Benni Koch alla batteria. Anche musicalmente non ci si discosta troppo da quanto già sentito e l’amalgama fatta di hard space psichedelico si mantiene assolutamente viva e pulsante. Mancano alcune forme più sperimentali viste in precedenza, con, d’altro canto, uno spirito di maggior introversione dove il violino riesce ad essere decisamente protagonista. L’opera è quindi un concept sulla creazione, sulla nascita e sul cerchio della vita ed è interessante l’utilizzo di testi tratti in parte dal poema filosofico “Urworte Orphisch” di Goethe e in parte dal “Frankenstein” di Mary Shelley. Prologo a parte, unica lirica in inglese, il resto del disco è in tedesco e la notevole e duttile voce della Thiele riesce a rendere il tutto molto amabile, certamente anche grazie alla forza poetica delle parole del maestro Goethe. Ottimi gli equilibri tra gli strumenti e nonostante il violino, come detto, sia spesso protagonista, molti sono i momenti in cui il chitarrista riesce a mettersi in bella evidenza, sia nelle parti più aggressive e di tendenza hard, sia in quelle più delicate e dall’impronta jazz come in “Liebe”. Brano chiave dell’album è “Das Zufällige” che si riempie di drammatica liricità nell’esplosiva progressione centrale determinando un brano assolutamente bello. Il conclusione siamo al cospetto di un gruppo che non fa che centellinare le proprie idee, dandoci goccia a goccia quel po’ che si sente di condividere, mantenendo alto l’interesse dell’ascoltatore attento a certe dinamiche, che non vorrei osare troppo nel definire discretamente innovative.
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Roberto Vanali
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