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GOBLIN REBIRTH Alive Black Widow Records 2016 ITA

Nome storico quello dei Goblin, che ancora oggi continua a godere di un grande seguito. Sigla musicale dal fascino pressoché immutato negli anni, sia in campo nazionale che internazionale, grazie all’immaginario collettivo che da tempo ha creato un legame indissolubile tra il gruppo stesso ed i film di Dario Argento. Scoperti da Daria Nicolodi, all’epoca compagna del regista, i Goblin avrebbero firmato celeberrime colonne sonore come “Profondo rosso” (1975), “Suspiria” (1977) e “Zombi” (1978), ma anche un bel lavoro denominato “Roller” nel ’76. Senza dimenticare il vero e proprio paradosso musico-temporale rappresentato dall’album omonimo degli Cherry Five, denominazione sotto cui sarebbe stato pubblicato nel 1976 quello che era il loro vero primo lavoro, registrato due anni prima, e che, per ragioni contrattuali (una situazione troppo complessa da condensare in poche righe), non aveva potuto vedere la luce a nome Goblin.
Come se tutto ciò non bastasse, il gruppo ha registrato nel corso del tempo numerose fratture interne, dando vita a molte reunion e a vari sotto-progetti. Al momento – senza dimenticare nel passato i Daemonia, i The Goblin Keys ed i Back to the Goblin – risultano attivi gli stessi Goblin, Cherry Five, Claudio Simonetti’s Goblin (band dello storico tastierista) e per l’appunto questi Goblin Rebirth. Fondati dalla vecchia sezione ritmica composta dal bassista Fabio Pignatelli e dal batterista Agostino Marangolo (ex Flea), si sono poi consolidati con il chitarrista Giacomo Anselmi più i due tastieristi Aidan Zammit e Danilo Cherni. L’intento dichiarato è sempre stato quello di eseguire dal vivo composizioni appartenenti a colonne sonore definite solitamente “minori” e che magari non sono mai state proposte live dal gruppo madre. Nel mezzo, però, un album di inediti intitolato proprio “Rebirth” e datato 2014. Ma lo scopo principale non viene accantonato e quindi ecco la pubblicazione di “Alive”, doppio album dal vivo registrato in realtà il 22 aprile 2011 al Crossroads di Roma. Il dubbio sull’utilità del progetto sorge spontaneo e tutte le perplessità del caso sono più che comprensibili. Parte “Killer On The Train” (da cui è stato peraltro tratto un video) e ci si continua a porre delle domande, anche se in effetti risulta essere un’intro oscura e sinfonica che già in parte fa ricredere e quindi spinge ad ascoltare meno svogliatamente. Dopo un po’, si apprende che il live è registrato davvero bene e che i pezzi sono messi insieme quasi a formare un filo logico coerente. Viene rispettata la dimensione live, tagliando però tutte le battute e presentazioni, lasciando che siano le note inquiete ed inquietanti ad esprimersi.
Arriva così uno di quei pezzi “minori” di cui si parlava prima, “Buio Omega”, che sorprende per i suoi spunti da disco-funky in un contesto assolutamente da anni ’70 all’italiana. Così come nella seguente “Aquaman” (da “Roller”), si sentono finalmente le sei corde esprimersi come molto spesso non accade in partiture che prediligono la ripetizione di un determinato tema e quindi la sintesi ferrea. In effetti qui non ci si dilunga più di tanto e a volte risulta essere un peccato, perché un pezzo come “Suspiria” avrebbe sicuramente meritato un assolo travolgente. Grande merito della riuscita va comunque ascritto al basso pulsante e corposo di Pignatelli, che riempie l’aria e la satura di colori scuri ma allo stesso tempo molto vivi, come dimostra la prova su “Mad Puppet” o su “Tenebre”. E poi, tra i piccoli classici dimenticati, vengono via via proposti “Connexion”, “La Chiesa” (veramente solenne), “Death Dies” (ottimo esempio di horror-jazz!), “Witch”, la bella “Le Cascate di Viridiana”, oltre ad altri brani di “Roller” come la relativa title-track (tra le cose migliori), “Doctor Frankenstein” e gli undici minuti e mezzo di “Goblin”. Inevitabile la chiusura con “Profondo Rosso”.
Alla fine, è venuta voglia di ascoltarselo tutto di un fiato. Ci si continua ad interrogare su quanto realmente sia sensata un’operazione del genere, ma nel frattempo la si è ascoltata con sorprendente piacere. Magari certi suoni “striminziti” delle tastiere appaiono oggi molto anacronistici, tant’è vero che l’organo ed il piano malefico su “Magic Thriller” fanno bene altro effetto, ma forse questi saranno elementi che verranno corretti in futuro, proponendo qualcosa che suoni definitivamente attuale. Per adesso, questo è sicuramente un documento che denota un più che discreto valore. Si segnala che la pubblicazione è disponibile in vari formati, comprendenti anche doppio vinile e DVD.



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Michele Merenda

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