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GONG EXPRESSO |
Decadence |
autoprod. |
2017 |
UK |
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Riecco i Gong. No, toglietevelo dalla testa, niente, assolutamente niente in questo disco ricorda i Gong di Daevid Allen, nessuna teiera, nessun cenno di psichedelia o di space rock. Non solo, è persino (quasi) nullo ogni contatto con i Gong di Pierre Moerlen. Cosa abbiamo allora tra questi solchi? Andiamo per passaggi. Innanzitutto vediamo che a capitanare questo quartetto c’è il fratello di Pierre, Benoit, qui occupato per le percussioni toniche. Ma degli aspetti compositivi se ne occupano Julian Sandiford, chitarrista canadese dalla formazione rigorosa nel jazz e Hansford Rowe, bassista già nella band di Pierre Moerlen dal 1978 e quindi con esperienza quarantennale all’interno delle ramificazioni Gong. Stessa cosa per lo straordinario e fantasioso batterista François Causse. Questo gruppo, così assortito, ha voluto proporre un disco piuttosto particolare che come si è detto si tiene a notevole distanza da quasi tutte le precedenti esperienze Gong, specie quelle di Allen. Qui si può ascoltare del jazz moderno, quello che con un termine piuttosto imbarazzante viene chiamato nu-jazz e segue la rilassatezza del lounge jazz e dello smooth jazz, ci sono lievi accenni di funk, di soul, di musica sudamericana, bossa nova in particolare con tutte le sue diramazioni e quel suo portamento caratteristico fatto di accenti particolari e di accordi in continua progressione di quarta, settima, undicesima. Rimane qualche breve, brevissimo accenno di Canterbury sound apprezzabile soprattutto nel brano “Zephyr”, qualcosa d’altro che rimanda ai Gong di “Leave it Open”, specie nel primo brano “Decadence”, che rimane anche il più dinamico del disco o in “Toumani” o, ancora, in “Eastern Platinum” e sono anche i brani nei quali rimane anche un po’ di sperimentazione di maggior fantasia. Su tutto, comunque, domina quel senso di lentezza e pacatezza tipica del jazz da bar o da salotto, poltrona, calzettoni, plaid sulle gambe e via così. Non si può dire che sia un disco da impegno d’ascolto particolare, non lo si può neppure definire di quelli che ti prendono e ti trasportano in maniera animosa. No, se trasporto c’è è solo verso il mondo di Morfeo, pacifici e rilassati. Vietatissimo il suo uso in auto in un lungo viaggio notturno. Consigliato invece per qualche incontro sentimentale e in questo, brani come “The importance of common things” o “Frevo” sono perfetti. Disco particolare, quindi, davvero con poche cose in comune con ciò che più abitualmente consigliamo nel progressive. Però, proprio le sue caratteristiche di rilassatezza e orecchiabilità, si lascia ascoltare e riascoltare bene e quella tendenza alla noia che pare assalire al primo ascolto, si tramuta quasi in una dote che lo fa rendere un piacevole diversivo per le fredde e silenziose giornate invernali.
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Roberto Vanali
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