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THE GRAND ASTORIA |
Deathmarch (EP) |
autoprod./Addicted Label |
2013 |
RUS |
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Questa band russa, che ha realizzato il suo esordio discografico nel 2009, vanta ad oggi una produzione abbastanza ampia e vogliamo presentarvela con questo EP datato 2013, uno dei loro migliori parti. Nelle cinque tracce che formano “Deathmarch” i Grand Astoria sprigionano una potenza di fuoco non indifferente, puntando su una felice commistione di stoner rock e psichedelia. Introdotta da suoni spaziali e curiose dissonanze noise, dopo quasi tre minuti l’iniziale “Now or never” deflagra in tutto il suo vigore, con un riff di chitarra carico di adrenalina sostenuto da ritmi robusti e parti vocali calde e convincenti che ben si amalgamano con la musica. Si avverte da subito questa impronta forte che rievoca gli anni ’90 di Kyuss e compagnia, ma che non ha vergogna di mostrare influenze risalenti ai seventies e, in particolare, adottare certe soluzioni care ai Black Sabbath. Il timbro della chitarra elettrica, l’abilità nel costruire i riff e l’evoluzione dei brani devono sicuramente molto a quanto inventato da Toni Iommi e soci quasi cinquanta anni fa. La title-track, interamente strumentale, è lì a dimostrarlo con un altro assalto frontale dalla base doom metal, ma una costruzione egregia e coinvolgente, che vede un improvviso cambio di rotta con un passaggio atmosferico a metà brano ed una lenta e inesorabile progressione che porta ad un’accelerazione in crescendo e ad un ritorno alla robustezza. “World without a smile” parte quasi come una stravagante ballata psichedelica, ma anche qui, dopo due minuti e mezzo, si vira verso un sound più heavy con lancinanti sfuriate chitarristiche e nuove derive stoner che si mostrano possenti anche nella successiva e strumentale “Arlita, the queen of Mars”. Chiusura in grande stile con “No way out”, che porta a conclusione il lavoro con sei minuti e mezzo in cui mescolano con personalità psichedelia, koszmiche musike, dark. Si tratta senza dubbio della punta di diamante del cd, con quell’inizio stralunato e ipnotico, che sembra modernizzare certe soluzioni dei corrieri cosmici tedeschi (Guru Guru e Amon Düül II sembrano più volte fare capolino) e con quello sviluppo imprevedibile, in cui, tra vari cambi di tempo e di atmosfera si possono ascoltare nuovi riff granitici, ma anche sviluppi chitarristici spacey, solos di fuoco e aperture melodiche intriganti. I Grand Astoria con “Deathmarch” hanno dimostrato pienamente di saper far loro certe esperienze del passato, personalizzandole e proponendole con bravura e intelligenza, riuscendo a catturare l’attenzione alternando aggressività e eccentricità. Per chi cerca le sonorità descritte questo EP può rappresentare ben più che una piacevole sorpresa.
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Peppe Di Spirito
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