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THE GRAND ASTORIA From the great beyond autoprod./Addicted Label 2021 RUS

Poco più di mezz’ora di musica per il nuovo parto della band russa, che in un’abbondante discografia ha già dato ampia dimostrazione di eclettismo, riuscendo a passare con disinvoltura dallo stoner alla psichedelia, dall’hard-rock al blues, con una serie di contaminazioni che possono stuzzicare l’interesse di chi ama certi incroci stilistici. Nell’EP “From the great beyond”, il deus ex machina dei Grand Astoria Kamille Sharapodinov, impegnato alle chitarre, alle parti vocali e alle percussioni, si contorna di un ampio numero di collaboratori e ci presenta sei nuovi brani. La partenza affidata alla title-track è una sorta di folk-rock inquieto, che trasmette tensione e che ha una sorprendente e breve parentesi dai toni jazzistici, prima di un finale asfissiante che potrebbe portare alla mente i Black Widow. Con i due minuti di “Wasteland” si comincia a spingere sull’acceleratore, il sound si fa più duro e psichedelico, ma è con “Njanatiloka” che c’è l’esplosione stoner, in cui i Grand Astoria sembrano trovarsi particolarmente a loro agio. Negli oltre dieci minuti di questa traccia troviamo un turbinio di ritmi robusti e chitarre ruvide, con la voce potente che si inserisce alla perfezione in questo contento. Nella prima metà del brano i Faith No More non sono così lontani, nella seconda metà i musicisti si abbandonano ad una sorta di jam allucinata dalla dimensione più onirica (spuntano anche un flauto e le tastiere suonate da Gleb Kolyadin). A seguire, un altro pezzo di lunga durata, oltre gli otto minuti, “Us against the world” che spara colpi a tutta raffica ed è tiratissimo, salvo qualche lieve deviazione psichedelica. Si va verso il finale e troviamo dapprima “Anyhow”, con il suo andamento acustico curiosamente a cavallo tra folk e bluegrass e con flauto, pianoforte e banjo in bella mostra; poi “Ten years anniversary riff”, dove è appunto un riff vibrante di chitarra ad essere protagonista per due minuti su ritmi sostenuti e doppiato da un’altra chitarra che viaggia in più direzioni. Che dire in conclusione? Possiamo solo ribadire l’ammirevole capacità di questa band di saltare abilmente da un genere ad un altro, mostrando predilezione per lo stoner. La vena prog dei Grand Astoria si vede principalmente nelle commistioni che operano e possiamo consigliarli a chi ama le sonorità heavy inframezzate da digressioni inaspettate.



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Peppe Di Spirito

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