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STEFANO ''LUPO'' GALIFI Dei ricordi, un museo AMS Records 2021 ITA

Stefano “Lupo” Galifi fa senza dubbio parte del patrimonio musicale progressivo italiano, pur avendo al suo attivo solo una manciata di pubblicazioni discografiche che vedono l’apice assoluto nel capolavoro dei Museo Rosenbach del 1973 dallo sfortunato titolo (e seguenti vicende) di “Zarathustra”. Dopo tanti anni, alcuni live d’epoca e un paio di raccolte di rarità, interessanti ma non fondamentali, il Museo trova una nuova strada con la riscoperta del disco d’esordio e, più recentemente, con una rinnovata formazione comprendente gli storici Galifi, Moreno e Golzi. Seguono alcuni album, tra cui una riproposizione di “Zarathustra”, un live e un buon disco di inediti (“Barbarica”, uscito nel 2013), sino alla nuova battuta d’arresto causata dalla morte di Giancarlo Golzi. Galifi nel frattempo aveva anche trovato posto per un po’ nel Tempio Delle Clessidre, ma è dopo ormai qualche anno che la sua voce torna a farsi sentire con questo album di nuovi brani pubblicato a suo nome.
“Dei ricordi, un museo” è in realtà una riuscita collaborazione tra Galifi e un gruppo di validissimi musicisti molto attivi e conosciuti nel campo del prog italiano moderno, tra cui Luca Scherani, tastierista e autore delle musiche, e Gabriele Guidi Colombi, bassista e responsabile dei testi. L’amalgama, solo leggendo questi nomi, ha tutte le potenzialità per valorizzare la voce di Lupo Galifi in un contesto italiano classico che riprenda la tradizione di “Zarathustra” per riproporla in chiave moderna. D’altronde, il titolo dell’album non lascia dubbi a riguardo, esattamente come l’esaltante prima traccia. “Cuore” è uno strabordante compendio di progressive italiano talmente caratteristico da sfiorare il manierismo, evitato grazie a suoni ed arrangiamenti che tendono alla modernità. Ciò che lascia senza fiato è la voce di Galifi, magnifica ed espressiva, con l’età ed il tempo che vengono relegate al ruolo di variabili di nessuna importanza. Il brano lascia spazio a momenti strumentali vari e intensi, così ben calibrati da far letteralmente volare via i quasi nove minuti di durata. “Cuore” sembra quasi un brano manifesto, una dichiarazione di intenti confermata nelle più brevi “La morale cede” e “La stanza e l’angolo”, la prima tendente all’hard rock, con belle parti di chitarra di Marcella Arganese ed epiche melodie vocali, la seconda divisa tra pianoforte e voce come assoluti protagonisti e i raffinati arrangiamenti di chitarre e synth a caratterizzare l’insieme.
Il brano più lungo del disco, “Dei ricordi, un museo (parte 2)” inizia in maniera tirata, dividendosi poi in momenti strumentalmente ineccepibili nei quali però la voce appare imbrigliata in liriche che non si sposano agevolmente con la musica. Il risultato, soprattutto a paragone con i brani precedenti, è forzato e provoca una certa pesantezza d’ascolto. La stessa sensazione rimane in parte anche nelle restanti tracce, con l’effetto di far apparire la voce di Lupo Galifi meno valorizzata. È un peccato perché le trame strumentali restano ottime, passando da momenti elettronici ad altri più rock. Ovviamente ci sono ancora parti con melodie ben calibrate, soprattutto nei ritornelli, ma una certa sensazione di stanchezza vocale rimane. L’ultimo brano, “L’amante”, recupera una maggiore rilassatezza, con la voce che si sposa meglio alla struttura musicale languida alla Genesis, con tanto di mellotron in evidenza, che chiude felicemente l’album.
Nel complesso, “Dei ricordi, un museo” è un bel disco, ricco di musica ben scritta e suonata. In certi momenti si ha l’impressione che le liriche siano state inserite a forza sulla parte strumentale, e questo rende l’esperienza d’ascolto a tratti stancante. Nonostante tutto, il lavoro merita apprezzamento, sia per la qualità complessiva che per la capacità di Stefano Galifi di poter, ancora una volta, trasmettere emozioni.



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Nicola Sulas

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