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GURANFOE |
Gumbo gumbo |
autoprod. / Echodelick Records |
2022 |
UK |
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Il gumbo è una specialità culinaria tipica della Louisiana, una specie di zuppa di molluschi con l’aggiunta di riso, verdure, pollo o salsicce; un miscuglio dall’aspetto appetitoso ma anche abbastanza inquietante per la propria integerrimità dietetica. Cosa abbia da spartire questo gruppo del Norfolk con questa prelibatezza va ricercato nel nome originale del gruppo stesso, Gumbo Variations, usato agli inizi della propria attività musicale, prima della decisione di cambiarlo in favore di quello attuale. Si tratta evidentemente di un preciso richiamo a Zappa e al suo capolavoro “Hot Rats”, influenza questa che abbiamo ritrovato solo a tratti nell’album precedente ma che aleggia invece inesorabilmente sulle 5 tracce che ci troviamo ora ad ascoltare. Queste costituiscono in realtà delle rivisitazioni del vecchio materiale di cui rimaneva finora traccia solo nelle registrazioni live che la band mette a disposizione nel suo Bandcamp. La musica della band spaziava nel precedente lavoro dal Canterbury più melodico, con giusto qualche sprazzo funambolico più zappiano, ai sinfonismi alla Enid e al new Prog, il tutto in forma esclusivamente strumentale, con grandi parti tastieristiche. In quest’album il quadro generale diventa più frenetico e imprevedibile, come possiamo constatare dalle prime note di “Aravalli Wood”, senza tuttavia disdegnare momenti più melodici, delicati e ariosi. E’ anche da notare una minore ricchezza di suoni rispetto all’esordio, il quale beneficiava dell’apporto non marginale di violino e vibrafono, grazie ad alcuni ospiti che affiancavano il quartetto titolare. Le tracce si configurano essenzialmente in jam strumentali in cui chitarre e tastiere si rincorrono a vicenda, ora facendo prevalere le une, ora le altre, con belle armonie di flauto che le punteggiano qua e là ad ingentilire le atmosfere. I loro 39 minuti scarsi si susseguono in modo quasi frenetico, lasciandoci quasi immaginare, se non si tiene d’occhio lo scorrere dei brani, che si tratti di un’unica lunga composizione che si snoda tra mille variazioni, alti e bassi ritmici, frenesie strumentali e luminose aperture. Con un po’ d’attenzione in più ci possiamo invece rendere conto che la lunga “Et Alias” (12 minuti) rappresenta forse l’episodio migliore del lotto, o quanto meno quello che maggiormente riesce a catturare la fantasia, col suo avvio dolce e mellifluo, caratterizzato da languide note di sax, che via via sfocia in un pezzo jazz rock scatenato. Un album decisamente gradevole questo “Gumbo Gumbo”, meno gentile e sinfonico del suo predecessore forse, ma ricco di spunti e momenti interessanti che in definitiva non deludono le aspettative.
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Alberto Nucci
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