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HAPPY FAMILY Happy family Cuneiform Records 1995 JAP

E' opinione comune, giustificata in molti casi, che i gruppi giapponesi siano sì molto bravi dal punto di vista strumentistico e compositivo, ma che difettino altresì di inventiva, di voglia di sperimentare... di cuore, in definitiva, limitandosi a riproporre fedelmente idee e spartiti mutuati dalle esperienze di gruppi occidentali. E' con malcelato orgoglio, quindi, che vado ad introdurre al molto cortese pubblico gli HAPPY FAMILY, scheggia impazzita fuoriuscita dall'ormai limitato firmamento progressivo nipponico per atterrare sulle accoglienti sponde del Maryland, territorio eletto a base operativa dell'etichetta Cuneiform, da sempre dedita alla musica Progressiva nel vero senso del termine, con frequenti puntate in tenitori avanguardistici.
Il gruppo in questione è composto da quattro elementi in formazione classica, ma senza cantante; la musica che possiamo ascoltare sul loro album d'esordio magari non sarà inventiva in senso assoluto (spesso si confonde creatività con inventiva: perché imitare i Van Der Graaf deve essere più meritevole che imitare i Genesis? Ma lasciamo perdere...), ma denota comunque una voglia di andare oltre i sentieri battuti, per offrire all'ascoltatore una miscela di jazz rock avanguardistico che molto ha da spartire con gli insegnamenti dei Soft Machine, ma inacidito da qualcosa di più di una semplice passione per i King Crimson più sperimentali, periodo Earthbound/Larks tongues in aspic. Una musica tormentata, quindi, in cui le aperture ariose sono rare come i capelli di Arrigo Sacchi. Un po' di più in questo senso possiamo ascoltare all'interno di "Kaiten", il brano più crimsoniano del lotto (anche troppo...), mentre i tre pezzi che l'avevano preceduto ci avevano abituato a variazioni continue, di secondo in secondo addirittura, quasi un esercizio di pazzia musicale. Niente di tutto questo invece lo troviamo all'interno di "Naked king", il brano portante dell'album, ovvero 19 minuti di esaltazione ritmica. Chitarra e tastiere sembrano giocare a disturbare le basi di basso/batteria, costruendo temi che vengono dilatati quasi all'ossessione (proprio l'ossessione, nei suoi vari significati, è la protagonista dell'album degli HF). Un disco pazzoide e fuori di testa, in sintesi, per un gruppo tra i più interessanti nati in Giappone negli ultimi 10 anni, per lo meno; le chiacchiere stanno a zero.

 

Alberto Nucci

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