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NORMAN HAINES BAND Den of iniquity Parlophone 1971 (Radioactive 2004) UK

Norman Haines non sarà forse il nome più conosciuto fra i tanti musicisti che hanno popolato la scena rock inglese a cavallo fra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, eppure, nonostante una rapida esclusione dal music-business Norman Haines ha potuto toccare il successo quasi da vicino con i Locomotive, con cui pubblicò una manciata di singoli ed unico leggendario album nel 1969, "We Are Everything You See". Cantante, tastierista e compositore di talento, Haines una volta lasciata alle spalle l'importante ma sfortunata vicenda dei Locomotive ha organizzato la sua Norman Haines Band pescando energie creative fresche e pulsanti, attraverso il giovane chitarrista Neil Clarke, il bassista Andy Hughes ed il batterista Jimmy Skidmore. Un quartetto dedito alle più classiche e visionarie jam rock, privo della componente fiatistica dei Locomotive e più addentro nelle sonorità più selvagge ed heavy, la Norman Haines Band ha realizzato "Den of Iniquity" nel 1971 per la Parlophone, un unico lp destinato a diventare una perla rara per i collezionisti nonchè un buon esempio di rock energico e sofisticato dalle atmosfere squisitamente sotterranee ed ombrose. Introdotto da una violenta e memorabile immagine di copertina, all'epoca motivo di non pochi problemi per la band, "Den of Iniquity" è suddiviso classicamente in due fasi peculiari, un lato A costituito da canzoni per così dire tradizionali ed un lato B costituito da due composizioni più lunghe e complesse. Fra le canzoni dense di energia del primo lato spiccano per pathos la rilettura struggente di un classico dei Locomotive, "Mr.Armageddon", qui rinominata "Everything You See (Mr. Armageddon)" e rielaborata senza troppi fronzoli attraverso l'organo distorto di Haines e gli assoli semplici ed incisivi di Clarcke, oppure la desolata ballata folk "Bourgeois" incisa per l'occasione da Andy Hughes, ed ancora l'acida e penetrante drammaticità della title-track. I pezzi corali e relativamente semplici lasciano spazio ad un lato B ricco di lunghe e coinvolgenti aperture strumentali, come "Rabbits", violenta e stralunata suite-jam suddivisa in quattro parti, dove le sezioni solistiche di organo e chitarra creano una sottile situazione di tensione drogata ed allucinata; la conclusiva "Life is so Unkind", suddivisa in due parti, è invece uno stupendo brano strumentale del solo Haines, composto unicamente per organo e piano elettrico, un triste e lunare epitaffio per un musicista tanto sfortunato quanto ricco di talento.

 

Giovanni Carta

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