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HOKR Zahřáté brzdy optimismu autoprod. 2012 CZE

Diciamoci la verità: è sicuramente stimolante e più affascinante provare la cucina dei grandi chef e le ricette più raffinate, scoprendo sapori ed abbinamenti arditi. Tuttavia è probabile che la sensazione di agio che si prova in una trattoria casareccia, la soddisfazione e l’appagamento che ti dà una bella abbuffata di piatti rustici e saporiti non la supera niente. È come se certi sapori e certe sensazioni ormai ci appartenessero e fossero parte integrante di noi. Anche se un po’ ardito, vogliamo utilizzare il paragone come metafora in ambito musicale: la musica più colta, gli artisti più creativi e raffinati sono certo i più stimolanti e appaganti per il nostro cervello. Ma certe volte sentiamo come la necessità di certe sonorità e di certe melodie e se interpretate con intelligenza sanno soddisfare la nostra anima musicale dal profondo. Per questo per me la genuinità è sempre stata una caratteristica molto apprezzata. Gli Hokr, appunto, sono uno di quei gruppi ‘casarecci’, che hanno saputo appagare completamente la mia fame di musica senza badare troppo al sottile, proponendomi una ricetta con ingredienti ormai conosciuti, ma riproposti con estrema personalità. “Zahřáté brzdy optimismu”, quarto album della band, non è un’eccezione.
Ad accoglierti nella trattoria ‘Hokr’ e metterti subito a tuo agio ci pensa Vladimir Liška. Il suo vocione cavernoso è l’ingrediente più appariscente della proposta musicale della band praghese. Difficile non provare empatia per i suoi mugugni, il suo biascichio, le grida. Il suo modo di cantare teatrale, seppur apparentemente aggressivo e violento, nasconde un animo amichevole e cordiale. Già ti immagini nel dopo cena a farti una birra in compagnia e sentirti raccontare improbabili storie da beone fino a tarda serata. A rendere tutto più credibile e gustoso ci pensa la cucina genuina e verace di Pavel Čermak, capo chef e autore di tutte le portate. La sua musica con sonorità rigorosamente vintage entra in perfetta simbiosi con le stravaganze vocali di Vladimir. Usa senza parsimonia dosi massicce di sax dall’aroma Van Der Graaf e suonato magistralmente da Richard Slach e condisce il tutto con un organo maestoso e un po’ gotico a la Vincent Crane, ingredienti che ben si amalgamano alla proposta della casa. Come tutte le migliori trattorie, non si limita solamente a riproporre i piatti tipici, ma si prende la libertà artistiche estremamente coraggiose, reinterpretando la tradizione con piglio dadaistico. Il menù offerto dagli Hokr è infatti unico nel suo genere all’interno del panorama musicale dell’Est Europa e non solo.
Inizialmente ho usato il termine “metterti a tuo agio”, ma in realtà inizia l’album e subito questa simpatica combriccola di mattacchioni vuole spiazzare le tue aspettative con un antipasto dal gusto quasi hip hop. Passa un po’ di tempo ed ecco che arrivano gli ingredienti e i sapori che ti aspetti da loro: i già citati Van Der Graaf Generator, Collegium Musicum, Atomic Rooster, Zappa, spruzzate di art rock e progressive sinfonico, abbondante irriverenza e tanta sana follia. La band ceca anche in questa occasione non lesina nulla e ci propone la sua cucina saporitissima! Gli Hokr sono attivi ormai dalla fine degli anni '70. Se escludiamo “Skverny”, album uscito in poche copie nel 1991 con una formazione sperimentale, questa è una band che per colpa del regime comunista e della sua stravagante proposta è riuscita a pubblicare il suo vero primo CD solo nel 2004 con pezzi scritti tra il 1979 e il 1989. Nel 2007 avevano cambiato il nome in PocoLoco, ma con quest’ultimo album tornano invece al loro moniker ufficiale.
Sarà per via dell’astinenza forzata dal pubblicare la loro musica, ma gli Hokr sono carichi e, a dispetto dell’età, possiedono un’energia e uno spirito goliardico. La loro musica, piaccia o non piaccia, è travolgente ed è piena di vitalità. Con “Zahřáté brzdy optimismu” gli Hokr mostrano che hanno ancora tanto, tantissimo da dire. Alle volte possono eccedere cadendo nell'esagerazione, ma nel panorama musicale abbastanza appiattito di oggigiorno, sono una vera boccata di ossigeno. Sono tanti gli album che mi hanno lasciato soddisfatto negli ultimi anni, ma sono ben pochi quelli che mi hanno appagato e saziato pienamente. “Zahřáté brzdy optimismu”, pur non essendo uno dei dischi in assoluto più belli, ci è riuscito!



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Francesco Inglima

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POCOLOCO Solcu porce 2007 

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