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HÄLLAS Excerpts from a future past The Sign Records 2017 SVE

Immaginate un miscuglio tra hard rock d’annata alla Uriah Heep, una spruzzata di metal degli inizi alla Iron Maiden, sapori intermittenti di Wishbone Ash, decise reminiscenze dei Jethro Tull, raggi cosmici provenienti dalla galassia Hawkwind e diffuse spruzzate di folk-rock svedese alla Kebnekajse. Il tutto si materializza in queste divertenti sette tracce del primo full length di questi svedesi, pubblicato come d’uopo anche su LP e quindi di durata abbastanza contenuta.
Le canzoni hanno durata piuttosto uniforme, intorno ai 6-7 minuti, tranne la breve “Nebulon’s Tower” che funge da introduzione alla successiva “The Golden City of Semyra”, brano in cui peraltro si concretizzano scientemente le influenze folk con l’accenno di gånglåt che lo apre, salvo sfociare in un’escursione psichedelica inframmezzata da cavalcate frenetiche; splendido, direi.
Altresì frenetici sono i primi due brani dell’album, quelli che forse si avvicinano di più ai Maiden degli esordi, anche se queste influenze sono stemperate in tutto quel tourbillon elencato più sopra, con un ruolo decisamente peculiare giocato dalle tastiere di Nicklas Malmqvist.
Le canzoni che i nostri ci propongono, anche quando hanno andature mozzafiato, non sono comunque mai lineari e prive di colpi di scena o momenti di pathos, vedi anche la anthemica “Star Rider”, cantata in coro e dalla ritmica abbastanza lineare ma caratterizzata da riff di chitarra (per mano di Alexander Moraitis e Marcus Pettersson) e armonie di tastiere una volta di più particolari. Il cantato di Tommy Alexandersson invece, seppur non onnipresente, non rappresenta di certo il punto di forza della band, bisogna dire.
La prima parte di “Shadow of the Templar” ha un sapore più avvicinabile agli Uriah Heep, mentre la seconda parte si invola su percorsi cosmici. La conclusiva (già… siamo arrivati alla fine) “Illusion Sky” inizia lentamente per poi involarsi progressivamente, con intrecciando continuamente le influenze folk con le sonorità spaziali. Canzone che, in calando, si conclude con le stesse note che aprono il brano di avvio.
Un album decisamente divertente, come ho avuto modo di dire, da ascoltare d’un fiato ma non senza la giusta attenzione, dato che nella musica degli Hällas c’è più di quanto possa sembrare di primo acchito.



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Alberto Nucci

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