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HOLLOWSCENE Hollowscene Black Widow Records 2018 ITA

Nati nei primi anni ’90 come Banaau, e cambiato recentemente, il nome in Hollowscene (dall’assonanza con l’era geologica attuale, in inglese, Holocene) la band esordisce con la Black Widow Records con l’album omonimo. Una mega suite di oltre 40 minuti basata su un poema di Shakespeare (“Broken Coriolanus”), un brano ispirato ad una poesia di E. A. Poe e, infine, una cover dei Gentle Giant compongono quest’ opera prima. Quando il monicker del gruppo era ancora Banaau, la band aveva pubblicato, nel solo formato digitale, “The burial”, anch’esso con liriche tratte da testi letterari, ed è stato quindi naturale utilizzare i versi di Shakespeare per la long-track che fa da spina dorsale del lavoro. Ovviamente il “Coriolanus” è stato riassunto nei suoi momenti più significativi e poi musicato.
Ma facciamo un passo indietro. Il cambio di nome ha portato delle aggiunte alla line-up della band. Ai tre nomi storici, Andrea Massimo (voce e chitarra), Bartolomeo Cicala (tastiere) e Riccardo Tosi (batteria, di recente dimissionario) si sono aggiunti Walter Kesten alla chitarra, Andrea Zani alle tastiere, Tony Alemanno al basso, Matteo Paparazzo alla batteria e Demetra Fogazza al flauto.
La suite ”Broken Coriolanus” è divisa in 5 movimenti distinti che ne agevolano l’ascolto. “Welcome to Rome” inizia in modo promettente con squarci strumentali ad ampio respiro in cui si innesta la voce di Andrea Massimo. I due tastieristi si sentono eccome e i loro strumenti sono la spina dorsale della composizione. La seconda sezione “A brave fellow” vede sugli scudi, oltre alle due tastiere, anche le chitarre di Massimo e Kesten, molto “liquide” e melodiche. Anche il flauto di Demetra Fogazza si ritaglia un importante spazio. La nota dolente giunge dal cantato: monocorde e compassato che non riesce a dare brio alla composizione. I quasi nove minuti di “Traitor”, impreziositi ancora dal flauto, hanno un più spiccato accento rock, mentre l’intro soffuso di “Slippery turns (atsumori)” si sposa bene con la voce di Massimo come del resto la parte recitata in giapponese dall’ospite Takehiro Ueki. L’atmosfera raccolta e malinconica domina la composizione e solo sul finale entra una boccata d’aria fresca con un bel “solo” di chitarra, il flauto e tastiere sfavillanti. Una lunga introduzione di flauto contraddistingue “Rage & sorrow”, la V e più lunga sezione di “Broken Coriolanus”. Apprezziamo la voce di Demetra Fogazza (in un breve intervento) che si alterna a quella principale di Andrea Massimo, apprezziamo ancora gli interventi del flauto e quelle sonorità new prog che qua e là erano affiorate nella suite e che sfociano in uno sfolgorante finale.
Malgrado ciò e nonostante la suddivisione in 5 sottotracce che ne snelliscono l’ascolto, il brano risulta comunque troppo lungo e a volte è arduo reggerne “l’urto”. Peccato perché le idee musicali sono molte (e quasi sempre valide) ma talvolta soffocate dalla “verbosità” e, come dicevamo, da una voce troppo monocorde.
Dopo questo vero e proprio tour de force segue “The worm” (basata sul poema “The conqueror worm” di E. A. Poe). Il brano, scritto negli anni ’90, è stato poi ampliato e modificato fino ad ottenere ora la sua veste definitiva. Lunga introduzione al flauto, synth a go-go, intermezzo acustico, belle trame strumentali… Buon pezzo in definitiva. Chiude il lavoro “The moon is down”, cover dei Gentle Giant (gli attuali bassista e batterista fanno parte di una nota cover band del Gigante Gentile…) rivisitata con garbo e gusto.
In definitiva un esordio (con il nuovo monicker…) ambizioso ed in parte riuscito; non mancano le inevitabili cadute di tono (alcuni passaggi troppo prolissi, il cantato che lascia qualche perplessità…) ma crediamo che la band abbia tutte le carte in regola e le potenzialità per “limare” questi difetti ed esprimersi ancora meglio alla prossima occasione in studio.



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Valentino Butti

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