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INDEXI Modra rijeka Jugoton 1978 (1995 Croatia Records) BOS

Una pietra preziosa grezza da strappare alla roccia del tempo, ecco a cosa potrebbe far pensare questo album, il primo in studio degli Indexi (dopo un paio di raccolte di singoli), una delle opere più mirabili del panorama prog della ex Jugoslavia (in vita fin dal 1964) e di tutta l'Europa dell'est. Ad una matrice sonora grezza, ruvida nell'impatto, dai suoni opachi, si uniscono la grazia e la potenza del prog sinfonico, suggestive influenze folk ed un'esecuzione energica, spontanea ma notevole sul piano tecnico. Questo modo di affrontare le composizioni, diretto, impetuoso, istintivo, spesso caratterizza le produzioni dell'est e sicuramente i mezzi tecnici non all'avanguardia dovevano contribuire non poco ad accrescere la ruvidità dei suoni ma è proprio questa spontaneità, unita al talento naturale, che dona a questo album un fascino davvero unico. Le note sembrano liberarsi potenti dalla polvere del tempo, la voce di Davorin Popović è sfocata come una vecchia fotografia, l'impatto della sezione ritmica è potente, dominato dal drumming di Ðorđe Kisić, mantenuto spesso su tempi non lineari, e dal basso di Fadil Redžić, sempre in rilievo e spesso in lotta con gli altri strumenti per guadagnare il centro dell'attenzione: lo troviamo così in "More" a duellare con la chitarra acustica in un assolo a due che ricorda in un certo qual modo qualcosa degli Yes. Proprio questa traccia, la più lunga con i suoi 11 minuti di durata, è una bellissima esemplificazione dello stile del gruppo. Intermezzi acustici malinconici ed evocativi, tastiere analogiche distorte e graffianti, aperture sinfoniche maestose e ricche di mistero, parti di piano stranianti alla Debussy. All'improvviso le onde del mare sembrano materializzare i sentimenti di un animo turbato e la musica scorre in un alternarsi continuo di emozioni contrastanti su cui grava costantemente un profondo senso di malinconia. Ancora il mare apre "Brod", la terza traccia, una specie di ballad acustica a tinte folk, soprattutto per quanto riguarda le parti corali e i motivi d'organo, con intermezzi hard rock abbastanza tirati che si stemperano fra i suoni carezzevoli della risacca che si percepisce come un fruscio lontano. Fra i pezzi di maggiore impatto troviamo "Blago", preceduta dalla title track (una specie di filastrocca recitata senza alcun accompagnamento sonoro): i riff hanno una bellissima dinamica, con intrecci fra il basso, la chitarra acustica (diffusamente usata in quest'album) e le tastiere. Il cantato è ipnotico e claustrofobico e oscuri e preziosi sono gli interventi dell'organo: un brano tetro e movimentato con cupi aloni folk. Un'inafferabile malinconia attraversa la traccia di chiusura, "Modra rijeka II", un lento elegante dai suoni scheletrici (erroneamente segnalata come "Morda Rijeka" sul CD), con belle orchestrazioni che dipingono nella mente dell'ascoltatore paesaggi desolanti. In conclusione possiamo affermare che si tratta di un'opera dai suoni ruvidi ed imperfetti, che possiede, come detto in apertura, tutto il fascino delle pietre preziose grezze.

 

Jessica Attene

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