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INTROITUS Elements Progress Records 2011 SVE

La famiglia Bender, che personalmente inizio a conoscere con il presente album, dà alle stampe il proprio secondo lavoro, stavolta con una etichetta di peso, dopo l’autoproduzione dell’esordio del 2007, cosa che può consentire ai coniugi Mats e Anna Bender, attorniati dalla degna prole, di guadagnarsi gli onori e gli apprezzamenti del consesso Prog mondiale. Le canzoni del primo album risalivano niente meno che a trentina d’anni prima e hanno giaciuto a lungo praticamente solo nella testa, e nelle tastiere, del signor Mats; le canzoni di “Elements” invece sono tutte (o quasi) nuove, con il contributo di Mattias, figlio maggiore della famiglia e batterista del gruppo, che ha firmato una composizione. E’ innegabile come l’approccio di quest’album sia chiaramente neo Prog, con elementi che ci possono portare ai tardi Genesis (“Wind & Wuthering”) o a certe cose di folk Prog melodico, queste ultime soprattutto grazie al delizioso cantato della signora Bender, mai invadente ma sapientemente distribuito all’interno dei cinque brani principali di cui è composto questo dischetto. Oltre ai due signori sopra menzionati, il gruppo è composto dai giovani figli dei suddetti, Johanna e il già citato Mattias, e da alcuni ospiti altrettanto giovani; a dispetto di questa generale giovane età tuttavia il gruppo dimostra una buona capacità, con un buon affiatamento (familiare, direi…) e ben poche concessioni ad entusiasmi arruffoni e ad ingenuità frutto di inesperienza. I suoni, che talvolta si fanno molto tecnologici (sono quasi sempre le tastiere di Mats a guidare le danze, coadiuvate queste dalle tastiere addizionali di Henrik Björlind), non scadono mai veramente nell’artificioso e nell’artificiale, dando spazio anche a momenti molto melodici (“Like always”), anche col valido contributo del chitarrista Pär Helje. L’album sembra quindi alternare varie anime ma in realtà è un’entità unica, a dispetto anche dei vari interludi (ognuno dedicato a uno degli elementi) che inframmezzano le vere e proprie composizioni. Lo scorrere dei 66 minuti di “Elements” non è eccessivamente pesante, anche se la soglia di attenzione viene abbondantemente superata ed il brano di chiusura (“Soulprint”) è forse il più debole del lotto, se non altro perché i suoi 17 minuti necessiterebbero una mente più fresca per apprezzarne appieno il dipanarsi e le sue varie situazioni. E’ in definitiva un bel dischetto: gradevole, d’impatto ma non banale e… a conduzione familiare.


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Alberto Nucci

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