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THE INNER ROAD Visions Orbital production 2011 UK

Quanti gruppi riescono ad ammaliarvi per 70 minuti ed oltre?
Quanti artisti “azzardano” un album interamente strumentale e riescono ad intrigarvi? Pochi credo.
Beh, fra questi “pochi” io metterei senz’altro il duo (allargato come vedremo) “The inner road”, autore, con l’album d’esordio “Visions”, di un rock sinfonico ispiratissimo.
E il tutto ci è presentato “senza trucchi e senza inganni”, senza mega suite, magari indigeste, senza “allungare il brodo” (leggasi brani manierati o costruiti su poche idee ripetute) ma, piuttosto, con una notevole facilità di scrittura che vede in primo piano ora le tastiere di Steve Gresswell ora la chitarra di Phil Braithwaite , i due “Inner road”.
E laddove i riff si fanno più secchi e quasi hard, ecco che i due musicisti (e i numerosi session-men che hanno collaborato alla riuscita dell’album) ci conducono in lidi completamenti diversi con i riferimenti etnici (è il caso della splendida “Lowlands”) dati dalle cornamuse.
Altrove, come in “Morning mist”, dove evidenti sono le digressioni un po’ alla Hackett e un po’ new prog, la presenza degli archi conferisce un’impronta ancor più raffinata al bel brano.
La qualità rimane elevata anche in “Heaven”, dove l’intro di atmosfera è solo il preludio (con l’ingresso del flauto e delle tastiere) ad una crescita emozionale davvero da brividi.
In “Hidden sea”, il brano introduttivo, una melodia difficilmente dimenticabile, ci porta nell’ambito dei migliori Camel, come del resto per la lunga “Dreamcatcher”.
Il “matrimonio” fra Camel e new prog (I.Q. ? ) è all’origine anche di pezzi come “Eclipse” e “Night light”.
E che dire della title track in cui l’amore per Bardens e Latimer si fonde con la grande personalità di Gresswell e Braithwaite, tale da generare una brano di invidiabile bellezza ?
Non possiamo fare altro che rimanere innamorati di un album che è destinato a candidarsi fra le più belle (se non la più bella) uscite del 2011.
Capolavoro? Non siamo autorizzati…



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Valentino Butti

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