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JUS PRIMAE NOCTIS Istinto Nadir Music 2019 ITA

La Liguria si dimostra ancora una volta molto ricettiva alle istanze del sottobosco progressive italiano. Sì, perché gli Jus Primae Noctis provengono da Genova e sono attivi sin dai primi anni novanta. Dopo tre dischi autoprodotti (che speriamo possano essere presto ristampati), esce nel 2019 il nuovo “Istinto” con distribuzione affidata alla ben nota Black Widow Records. La formazione, piuttosto stabile nel corso degli anni, vede attualmente Marco Fehmer alla voce, chitarre e liriche, Beppi Menozzi alle tastiere, Mario Riggio alla batteria e Pietro Balbi alle chitarre. Numerosi e di qualità gli ospiti coinvolti nell’album: da Diego Banchero al basso (Il Segno Del Comando) a Luca Scherani (La Coscienza Di Zeno; synth in un brano) e, ancora, Alex Rossy e Matteo Scarpettini alle percussioni, Giovanni Bottino (basso), Renzo Luise (chitarra) e Marina Larcher (voce).
Undici sono i brani, tra i quali uno in versione “live”. Una proposta piuttosto variegata, quella del gruppo genovese che spazia dalle suggestioni del prog italiano dei settanta, sfiorando il “cantautorato” in qualche brano, senza preclusioni per un approccio più robusto quando necessario, o verso sonorità etniche all’occorrenza. Un pot-pourri decisamente intrigante e coinvolgente che si manifesta in modo egregio e mai sopra le righe.
L’”Ouverture” è un inizio più che convincente: un energico brano sinfonico nel quale emergono, a turno, le personalità portanti della chitarra di Fehmer e delle tastiere di Menozzi. “Quarto” è uno dei brani migliori presenti in “Istinto”: liriche impegnate, un sound ora vigoroso, complici le sferzanti chitarre di Fehmer e Balbi ed un magistrale “solo” di Minozzi, ora più placido con il finale affidato a “volatili” percussioni assortite. “Nel buio” è uno strumentale inquietante e quasi da film horror, soprattutto nella “rumoristica” parte finale. Diverso l’approccio per “La prima volta che ho visto la luce”, con tastiere luminose anche se il dipanarsi del brano sul versante “cantautoriale” non convince appieno. Altro bel pezzo è “Una storia”, il cui mood etnico-psichedelico (percussioni varie, il bouzouki…) accompagna, in principio, il cantato di Fehmer. Il brano poi si inasprisce non poco con un notevole doppio intervento delle chitarre soliste (per l’occasione Balbi e Luise). Anche i sette minuti scarsi di “L’uomo d’aria e la preda”, con una lunga fase introduttiva strumentale, sono da annoverare tra le composizioni più riuscite dell’intero lavoro. Segnaliamo ancora un paio di brani meritevoli, nonché i più lunghi di “Istinto”. “Maria” (in versione live), un brano versatile, tra chitarre graffianti, ritmiche complesse, synth impazziti e liriche importanti (un parricidio…) e “E’ tutto amore” con qualche accento appena più heavy ed i soliti momenti di atmosfera in cui si inserisce il “solo” di Scherani.
Insomma, “Istinto” è un concept-non concept sui comportamenti umani che porta alla nostra attenzione un’altra band italiana di talento e meritevole di essere “ascoltata”.



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Valentino Butti

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