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KUNDALINI SHAKTI DEVI Kundalini shakti devi AMS 2013 ITA

A furia di scavare, il rischio di raschiare il fondo del barile si fa sempre più elevato. Ma a quanto pare, continuando a cercare tra i vecchi cimeli nascosti del rock progressivo italiano degli anni ’70, c’è ancora qualcosa di notevole valore da scoprire. Una delle ultime sorprese, tra quelle rimaste nascoste per tanto tempo, è questo album a nome Kundalini Shakti Devi. Si tratta di un gruppo che ruota attorno alla figura di Roberto “Paramhansa” Puddu, sassofonista ed autore di testi e musiche dei tre lunghi brani dell’album. Circondatosi di validissimi musicisti impegnati con la classica strumentazione prog dell’epoca forma una band di sette elementi che nel 1974 riesce a incidere le proprie composizioni, ma che non trova nessuna casa discografica pronta a scommetterci. Dopo quasi quarant’anni, un allievo di Paramhansa, Pierluigi Caramel dei bravissimi Ego, mette in contatto il sassofonista con Matthias Scheller della AMS Records, che, da sempre attenta nella ricostruzione e riproposizione dell’epoca d’ora del prog italiano, ci permette oggi di ascoltare questo lavoro rimasto inedito. Ok, la storia dei Kundalini Shakti Devi è ricostruita, a questo punto vi chiederete com’è la loro musica. La proposta della band è un interessantissimo progressive all’italiana, capace di unire melodie mediterranee a rock vigoroso e a divagazioni jazz-rock e spacey, in un bel melange di stili diversi che riescono ad andare in un’unica direzione. Volendo citare qualche influenza potremmo far riferimento a PFM, Perigeo, Osanna, Garybaldi (ma anche, dando un occhio alla Gran Bretagna, ai Van der Graaf Generator, pur tenendosi a debita distanza dai loro estremismi e dalla loro cupezza) e alle loro capacità di essere al contempo sperimentali e fruibili. Anche se i tre brani dell’album sono molto lunghi, infatti, la musica scorre via liscia per oltre tre quarti d’ora, tra cambi di tempo e di atmosfera, impasti elettroacustici tra chitarre, organo, sax e flauto, riff incandescenti e piacevoli melodie vocali. Anche i testi sono abbastanza ricercati, spaziando tra denuncia sociale, voglia di libertà e di amore, fantasie cariche di allegorie, e rispecchiano un’epoca che ancora oggi risulta suggestiva e affascinante. Il sound polveroso non dà il minimo fastidio, anzi, conferisce ulteriore calore ad un album che meritava assolutamente di essere riscoperto. E la storia del rock progressivo italiano si arricchisce di un nuovo capitolo da studiare e da ascoltare con sommo piacere.



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Peppe Di Spirito

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