Home
 
KROKOFANT Krokofant Rune Grammofon 2014 NOR

Ecco un’altra bella diavoleria dalla Norvegia dal nome che sembra quello di una strana merendina, golosa ma in grado di innescare mal di pancia assurdi, un trio compattissimo che sa il fatto suo e non si vergogna affatto di mescolare assieme buone dosi di groove e rumore. Il gruppo è composto da tre tiratori liberi anarchici ed affiatati e cioè dal chitarrista Tom Hasslan, dal batterista Axel Skalstad, che iniziarono a suonare assieme in duo nella città di Kongsberg, e dal sassofonista Jørgen Mathisen, che si aggiunse più tardi, inserendo ciò che mancava alla formula iniziale, molto essenziale ma complessa e battagliera. I tre contano molto sull’arte dell’improvvisazione e sul loro istinto nel costruire e sgretolare rapidamente muraglie di suoni incandescenti ma sono anche incredibilmente tecnici e precisi, infliggendo all’ascoltatore pugni sonori ben assestati e invogliandolo allo stesso tempo a non fuggire dal ring, con la loro formula caustica ma a suo modo accattivante. Free Jazz, prog e loop rumorosi, incastri sonori ossessionanti, energia dirompente, composizioni duttili che sembrano sgusciare via da tutte le parti, King Crimson, Mahavishnu Orchestra, Terje Rypdal ed acido muriatico stranamente mescolati assieme, ecco cosa dovete aspettarvi. Riuscite ad immaginarvi che diavoleria mai sia questa? Non a caso il luogo del delitto selezionato per la registrazione di questo debutto discografico è l’Engfelt & Forsgren Studio di Oslo, interamente equipaggiato con strumenti analogici e in grado di tirare fuori, al massimo del loro splendore, sonorità perfettamente vintage, rafforzando l’illusione di trovarci di fronte ad un album venuto fuori chissà come direttamente dagli anni Settanta.
Ecco “Polyfant” che apre le danze, compatta e pesante, movimentata e dal groove incandescente. Gioca sulle ripetizioni e su melodie acide e reiterative dalle quali il sax si sfila per seguire i suoi giochi solistici estremi. “Supermann” è altrettanto coinvolgente, indigesta, rapida e nervosa, con la chitarra che semina venti di tempesta, rotolando sulle stesse note del sax che sul finale viene lasciato solo con la batteria aprendosi a improvvisazioni e dissonanze. “Bodega” ha un magnetismo elettrico col sax che spara note a raffica e la musica è snodata e intraprendente. “Thispair” si fa invece lenta e greve, col sax pachidermico e la batteria pestata pesantemente. “Ejs” breve e impetuosa macina ritmi serrati che paiono una valanga di sassi. Viene lasciata in ultima posizione la traccia più lunga, “Castaway”, con i suoi quasi tredici minuti. Questa traccia è più lenta, fumosa, con riflessi simil-Canterburyani e gli strumenti sembrano quasi defilarsi e nascondersi. L’impressione è quella di aver battuto la testa e di avere le traveggole.
Mi pare scontato che abbiate intuito che questa roba non è proprio per tutti e i palati più fini rischiano davvero una bella lavanda gastrica. Per gli stomaci duri c’è invece di che sfamarsi, potendo scegliere anche la bella edizione in vinile che, nella prima tiratura di 500 copie, comprende anche il CD. Adesso che la recensione è finita posso confessarlo: il krokofant non è altro che un animale mitologico spuntato fuori da una canzoncina per bambini norvegese, una bestia strombazzante nata dall’incrocio fra un elefante e un coccodrillo, niente di così terribile insomma ma mi raccomando, non lo mangiate.


Bookmark and Share

 

Jessica Attene

Italian
English