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KINETIC ELEMENT Travelog Melodic Revolution Records 2015 USA

Non arriviamo ad affermare che ultimamente il meglio del prog arrivi dagli States, ma è certo che i recenti album di Echolyn, Spock’s beard, Advent (solo per citare i più conosciuti) hanno evidenziato il buon stato di salute del movimento d’oltre oceano. E, sulla scia di quanto appena detto, si aggiunge ora il secondo lavoro dei Kinetic Element dopo l’esordio, del 2009, intitolato “Powered of light”. Come sempre la band è guidata dal tastierista Mike Visaggio e dal chitarrista Todd Russell (autori di tutto il materiale presente nell’album) a cui si affiancano il batterista Michael Murray e il nuovo bassista Mark Tupko. Forse non soddisfatti dalle qualità di singer dello stesso Visaggio su “Powered of light”, stavolta i brani sono affidati a Dimetrius LaFavors (degli Odin’s Court) in tre pezzi, a Michelle Schrotz (dei Brave) in “Into the lair” e a Mike Florio (dei Mass Dream) in “Her”. Se il risultato può non risultare omogeneo, i tre vocalist se la cavano comunque egregiamente ed il prodotto finale non ne soffre affatto. Ma che musica suonano questi ragazzi della Virginia? Non brilleranno certo di fantasia, ma certamente la lezione dei vari Yes, Genesis, EL&P, Visaggio e soci l’hanno imparata molto bene e ad essa hanno aggiunto piccole dosi di new prog, senza dimenticare i “campioni” americani di oggi che si chiamano Glass Hammer, Spock’s Beard (quelli dei primissimi album almeno). A tutto ciò hanno associato una buona dose di personalità ed il risultato si chiama “Travelog”. La voce di LaFavors nel pezzo iniziale (la lunga “War song”) è sufficientemente limpida da ricordare Jon Anderson, così come le digressioni strumentali sono vicine agli Yes di “Keys to ascension” (“Mind drive”?) ma anche agli spazi eterei di “Awaken” grazie ad un Visaggio piuttosto ispirato. La title track, ben interpretata da LaFavors, è una diafana ballata introdotta dalla chitarra acustica di Russell poi una sezione ritmica appena accennata, tastiere in crescendo ed ancora finale improntato sulla chitarra acustica. L’attenzione rimane desta anche nei 10 minuti di “Into the lair” che piacerà sicuramente agli amanti dei Glass Hammer con i suoi continui cambi d’atmosfera nonché per l’ottimo lavoro ritmico di Murray e Tupko. Il passaggio al cantato femminile della Schrotz non fa perdere appeal a quanto sin qui ascoltato. Non è “Firth of fifth”, ma l’intro di “Her” è comunque di alto profilo e Mike Visaggio si conferma ottimo compositore e strumentista. Il brano invece è il meno ispirato dell’album, seppur comunque gradevole. L’altra suite, “Vision of a new dawn”, ci riporta invece ai livelli di “War song”. Dominata dalle sonorità sempre diverse delle tastiere e dalla ritrovata voce di LaFavors (che mi pare la più indicata per il gruppo…), il brano raggiunge il suo climax nella lunga sezione strumentale che ricorda, nel suo dipanarsi, un viaggio nel microcosmo del progressive sinfonico. Il finale, in splendido crescendo melodico, è ancora tutto per la voce solista. “Travelog” si dimostra sin dai primi ascolti un lavoro degno di nota e di ricevere la giusta attenzione. Di sicuro impatto, dalle terse melodie e dalle notevoli trame strumentali. Consigliato… seppur sinfonico… o forse proprio per quello...?



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Valentino Butti

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