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KARIBOW |
Holophinium |
Progressive Promotion Records |
2016 |
GER |
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Quanti di voi conoscono I Karibow? Eppure il gruppo tedesco del leader Oliver Rüsing ha all’attivo 8 album (compreso “Holophinium”) ed una carriera quasi ventennale. Lo stesso Rüsing fece, inoltre, parte di una band abbastanza conosciuta (dagli appassionati più attenti) e cioè i Last Turion. Il lavoro ora in esame è un doppio cd e si presenta con una confezione di lusso in cartonato, apribile, ed un libretto molto ben curato comprensivo di testi e belle immagini. Importanti pure gli ospiti presenti nell’album, su tutti Michael Sadler (voce dei Saga) e Sean Timms (tastierista degli Unitopia). Con “guests” di questo tipo, inevitabile individuare le influenze dei Karibow: un new prog molto melodico, con venature pop ed AOR, arrangiamenti molto curati e talvolta sfarzosi. 10 sono i brani presenti nel primo dischetto, una lunga suite, “Letter from the white room” è invece il menu del secondo cd. Una breve introduzione d’atmosfera (“Distant movements”) e poi è subito il turno della title track: l’accento è subito posto su un rock melodico ed arioso, ma anche sufficientemente aggressivo, seppur lontano comunque dal metal. La lunga “E.G.O” è anch’essa intrisa di buone linee melodiche anche se manca di quel “quid” che la possa elevare ulteriormente, malgrado un notevole “guitar-solo”. Piacevole ma un po’ ripetitiva “Victims of light”, più delicata “Some will fall” con qualche spunto di valore. Malgrado le buone intenzioni, il ritmo incalzante ed i numerosi cori, “River”, non si discosta più di tanto dal trend dei precedenti brani. Qualche attenzione in più si meritano “Angel scent” e “King” dai piacevoli refrain. “Quantum leap” è invece un gran bel pezzo, melodicamente ispirato ed anche sufficientemente complesso e con qualche chicca strumentale. Il secondo cd è quindi, come detto, interamente occupato da una lunga (36:12 ) suite “Letter from the white room” divisa in 7 parti. Il brano presenta tutte le caratteristiche “tipicamente” prog con cambi di tempo, di atmosfera, un buon impianto melodico e degli indovinati “solos” sia di chitarra che di synth. Non mancano, come sovente accade in brani cosi lunghi, dei momenti di empasse, ma in generale il pezzo è senza dubbio valido e ben concepito. Complessivamente questo “Holophinium” è un lavoro dai due volti: a corrente alternata e non senza qualche impaccio il primo cd, decisamente più riuscito il secondo più vicino ad un “comune” sentire (new) prog e forse più appetibile anche alle nostre latitudini. Facendo una mera operazione matematica abbiamo quindi un discreto lavoro, forse un po’ poco per i gusti difficili del progster medio nostrano, ma così è. Ovviamente album da evitare per quelli che… la spocchia…
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Valentino Butti
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