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LOCH NESS |
Prologue |
Som Interior |
1991 |
BRA |
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Tra i paesi sudamericani il Brasile sembra essere l'unico in cui il Progressive conti tuttora qualche accolito. Sinceramente non conosco nessun gruppo argentino, cubano o peruviano che attualmente suoni questo genere di musica, mentre con questi Loch Ness siamo già alla terza band che recensiamo su queste pagine.
L'impatto con la loro opera è senza dubbio positivo e non nascondo che è una della maggiori ragioni che mi ha spinto ad acquistarla a scatola chiusa: una copertina apribile con su raffigurati guerrieri, castelli e mostri preistorici (il mostro di Loch Ness appunto) e dei brani che promettono autentiche faville (in particolare la lunga suite presente sul secondo lato, divisa in non so quante parti). La miscela esteriore è senza dubbio promettente, mi son detto, ma riusciranno questi Loch Ness ad essere altrettanto bravi nei fatti? Ebbene senz'altro i 5 musicisti brasiliani non hanno deluso le mie aspettative, anche se non sono certo qui per gridare al capolavoro. La musica che ci propongono è quanto di più tipicamente prog si possa immaginare: lunghe ed articolate composizioni, punti di riferimento innegabili in Pink Floyd ed Eloy, dialoghi strumentali degni della migliore tradizione progressiva (da notare l'uso massiccio del pianoforte che, molto spesso, è chiamato a sostituire gli ormai imperanti synths).
Ma non è tutto oro quel che luccica, dice un vecchio proverbio, e nemmeno i Loch Ness si sottraggono a questa antica legge. Questi musicisti ci regalano dei momenti indiscutibilmente affascinanti, delle composizioni indubbiamente valide (pur se con qualche caduta di tono: vedi l'insipida "Death"), ma tutto questo ha spesso il sapore di déjà-vu ed i passaggi veramente originali si contano probabilmente sulla punta delle dita. Sicuramente c'è chi pensa che questo sia il destino di tutte le band che cercano di far progressive mantenendosi ancorate alla tradizione dei 70s; io non condivido però questa affermazione e, del resto, credo siano molti gli esempi viventi in grado di confutare questa teoria.
Per quanto riguarda i Loch Ness, prescindendo da questo doveroso appunto, mi sento senza dubbio di consigliare la loro opera prima un po' a tutti, convinto che riuscirà a soddisfare anche gli amanti dei (vecchi) Marillion, con cui tra l'altro sono individuabili alcuni labili punti di contatto.
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Riccardo Maranghi
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