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LOST WORLD |
Sound source |
Musea |
2009 |
RUS |
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Torna a colpire la band del violinista Andrii Didorenko che amplia il proprio organico con un batterista, Veniamin Rozov ed una nuova tastierista, Yuliya Basis che sostituisce il membro storico Alexander Akimov, impegnato in questo progetto in qualità di tecnico del suono. Il percorso intrapreso in questo nuovo album ricalca grossomodo quello del precedente lavoro del 2006, con una attenzione maggiore rivolta all’elaborazione delle linee melodiche che appaiono forse più incisive che in passato. Abbiamo una Prog-Fusion interamente strumentale, molto elegante, dominata dal violino che è l’artefice principale di tutti i temi musicali, con forti influenze classiche e somiglianze stilistiche che ci riportano ai nipponici KBB o anche agli Asturias e ai Dixie Dregs. I suoni colpiscono per la loro limpidezza e per la loro profondità e le partiture diventano comunque più variegate e rifinite che in passato, con splendidi intrecci fra piano, violino e flauto che presentano un impatto vibrante e dinamico. In particolare i temi musicali acquistano un potere narrativo ed evocativo più deciso, creando nella mente dell’ascoltatore visioni suggestive, a volte spirituali, a volte maestose o che si tramutano altre volte ancora in semplici sensazioni di energia positiva. Vi sono momenti più spinti, grazie soprattutto all’inserimento di riff di chitarra elettrica che appesantiscono quanto basta il sound, come in “Heat Stroke”, ma si tratta comunque di episodi abbastanza isolati che finiscono con lo stemperarsi nel climax generale dell’album che ispira sentimenti gioiosi, apparendo comunque sempre misurato e pacato, anche nei momenti più briosi. In alcuni frangenti si possono addirittura percepire somiglianze con Vangelis, nei momenti più rilassati, e con Oldfield, come nella conclusiva “Travelling Light”, un pezzo meditativo con chitarra classica e morbide percussioni tradizionali ed una base di tastiere perfettamente avvolgente, oppure come in “Colorless”, in cui il violino si porta sullo sfondo lasciando il flauto, leggero come una brezza primaverile, in primo piano. Molto bello è anche l’inserimento di suoni ambientali, registrati da Alexander Akimov nella regione selvaggia intorno a Tula, nella Russia centrale europea. Scopriamo un album forse meno avventuroso, soprattutto in rapporto all’esordio, ma comunque più completo, maturo e più personale che in passato. Bella conferma.
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Jessica Attene
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