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LEGEND |
Ritual echo |
No Fish Productions |
2009 |
UK |
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A volte ritornano.
Quello che ci apprestiamo ad ascoltare è il nuovo lavoro di questa band con all’attivo tre album negli anni novanta. Si tratta di una sorta di “best of…” di brani presenti nei loro precedenti lavori, tra i quali anche tre episodi “live”.
Nell’attesa di una imminente pubblicazione “on stage” e , chissà, di un nuovo album di inediti, comunque un buon modo di “testare” il nuovo pubblico, ormai (magari) dimentico di quanto fatto dalla band quasi 15 anni fa (data dell’ultimo”Triple aspect”).
Grande “burattinaio” del progetto ovviamente il tastierista e fondatore Steve Paine che ha provveduto alla rimasterizzazione di 6 brani equamente divisi tra “Second sight” del 1993 e “Triple aspect” del 1996, mentre i tre brani tratti da “Light in extension” sono stati acchiappati da performance dal vivo.
A condire il tutto la voce di Debbie Chapman, la sferzante chitarra di Paul Thomson, Martyn Rousky al basso e John Macklin alla batteria.
L’album si apre con “Triple aspect ouverture”, un hard rock progressivo che ci fa apprezzare uno dei “numi tutelari” della band: i canadesi Rush. Un’ottima cavalcata strumentale, ma il meglio deve ancora arrivare.
Con “Dance” iniziamo ad ammirare la voce di Debbie Chapman. Il ritmo del pezzo rimane sempre fresco ed incalzante, le tastiere a scambiarsi la leadership con la chitarra elettrica, ma la voce di Debbie ci conduce verso lidi più folk e delicati che non guastano affatto.
Un’aurea fatata avvolge il dipanarsi di “Windsong”, il primo dei tre brani live. Una generica ascendenza “marillioniana” si scontra con melodie à la Renaissance dall’impatto notevole.
Pare di trovarsi come d’incanto in una corte medioevale fra giullari, buffoni e “amor cortese”.
Anche “Mordred”, fra i brani più lunghi della raccolta, continua su questi schemi di “gaia piacevolezza” anche se le ridondanti tastiere suonano talvolta un po’ fredde.
Non manca qualche episodio meno ispirato come il breve strumentale “The chase” forse troppo tecnologico.
Altro bel brano “ The wild hunt” dove emerge anche l’amore per certi lavori più “easy” di Mike Oldfield o di Enya, sempre in un contesto comunque decisamente più rock.
A volte in soffitta si trovano perle dimenticate: una di loro si chiama Legend.
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Valentino Butti
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