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LED BIB Bring your own Cuneiform Records 2011 UK

Ormai giunti alla quinta fatica, dal titolo "Bring Your Own", i Led Bib possono tranquillamente essere considerati tra le realtà più interessanti della scena Jazz Rock mondiale.
Il precedente lavoro “Sensible Shoes” aveva riscontrato un incredibile successo di critica e, unico gruppo jazz, è stato anche nominato per il premio Mercury, molto sentito in Inghilterra. Rispetto al precedente e acclamato album, con "Bring Your Own" il gruppo inglese imbastardisce ancora di più la sua proposta: klezmer, funk, hardcore, krautrock, hard rock, ma anche impensabili sprazzi di pop e punk rendono il disco estremamente eterogeneo. Inoltre acuiscono maggiormente la componente melodica, rendendo il lavoro più d’impatto e godibile. Se vogliamo fare il solito giochino dei riferimenti, John Zorn, e in particolare i Naked City, non mancano di certo, ma anche Surman o i principali artisti free jazz come Coleman e Sun Ra. Possiamo trovarci anche Jimy Hendrix: ascoltate ad esempio “Power Walking” contraddistinta da un riff alla “Foxy Lady”. Rimanendo nel nostro ambito (ovvero il prog) non possiamo non nominare i Soft Machine più jazz oriented. I Led Bib però sono più rumorosi e meno minimalisti. Notevoli sono anche le affinità con i loro compagni di scuderia Gutbucket e Brown vs Brown.
Squadra vincente non si cambia: alla guida troviamo sempre il batterista e compositore Mark Holub che, pur avendo uno stile più rock che jazz, possiede sensibilità e intensità. Il suo drumming è il vero cuore della musica dei Led Bib e di fatto conduce le evoluzioni degli strumenti solisti. In prima linea imperversano i due sax contralto di Peter Grogan e Chris Williams, sempre pronti a sfidarsi e supportarsi a vicende. Preziosissimo il lavoro del tastierista Toby McLarencon con il suo Fender Rhodes, molto rumoroso e spesso distorto, e del bassista Liran Donin, che asseconda con perizia Holud nelle sue evoluzioni.
La struttura delle composizioni è spesso simile, con un andamento ciclico: i brani partono con un tema rock, si sgretolano via via verso forme più astratte e improvvisazioni free jazz, per poi riassumere una forma concreta e richiudersi infine sullo stesso tema iniziale. La loro musica sprigiona un’energia trascinante e accattivante grazie soprattutto a riff molto immediati e trascinanti. E’ presente anche uno spiccato senso di humor con un approccio spesso giocoso. Ritroviamo nei brani soluzioni cacofoniche e dissonanti e alle volte con refrain quasi infantili e il tema del pezzo iniziale; la marcetta “Moth Dilemma” ne è un esempio: un melodia incredibilmente accattivante che non riesce ad uscirti più dalla testa (persino mio figlio di 5 mesi sembra gradirla molto e ogni volta che la sente sorride e non riesce a stare fermo con le sue gambette). Un approccio brioso è riscontrabile anche in un mood folk dell’Europa orientale e klezmer riscontrabile in brani come “Engine Room”, “Shapes & Sizes” e “Winter”. Tuttavia, se si gratta via la superficie, la musica dei Led Bib va al di là di raffiche sonore aggressive o di semplici divertissement musicali, proponendo contromelodie e conversazioni complesse e strutturate tra i membri della sezione ritmica ed i solisti.
Come scritto precedentemente, “Bring Your Own” è un lavoro in linea con le ultime uscite Cuneiform: non completamente prog, non completamente jazz, ma la qualità non manca di certo. É un mix che strizza quindi l’occhio ai fans di entrambi i generi ma che, in questo modo, corre il rischio di non accontentare né gli uni e né gli altri. Personalmente, pur gradendo anche forme musicali più astratte, ho trovato l'album un po’ inconsistente in alcuni improvvisazioni, ma nel complesso è un disco che sa coinvolgere e ad ogni ascolto successivo potrà regalare sorprese nuove.


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Francesco Inglima

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