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LIGHT DAMAGE |
Light damage |
Progressive Promotion Records |
2014 |
LUX |
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E così anche il piccolo Lussemburgo dà il suo contributo alla causa “progressive”... E lo fa con l'album omonimo dei Light Damage, attivi, con line-up diverse, da una decina d'anni e con alle spalle un demo, “Acronym”, del 2009. 6 i brani presenti nell'album per una quarantina di minuti di durata. La proposta dei cinque ragazzi del Granducato è chiaramente influenzata dai mostri sacri del genere come i Genesis e, più ancora, dall'ondata new prog, con in prima fila i Marillion. Non vengono tralasciati riferimenti floydiani e qualche accenno più pop. Qualche spruzzata heavy per essere più “cool” e l'album è cosa fatta. Una lunga sequenza ipnotica introduce “Eden” che poi evolve in un orecchiabile e frizzante new prog con in bella mostra l'elettrica di Stephane Lecocq con puntuali “solos”. Qualche arpeggio di chitarra dà il la ad “Empty” che subito cresce di intensità accompagnata dalla voce, non sempre “a fuoco”, di Nicholas-John. Bello il finale con tastiere ed ancora la chitarra a duettare piacevolmente. “The supper of Cyprianus” rappresenta, a nostro avviso, quanto di meglio si possa ascoltare nell'album. Ripassata la lezione dei primi Genesis, rielaborata e semplificata con una più accentuata propensione rock, il brano presenta dei momenti molto piacevoli che meriterebbero un vocalist dotato di qualità canore superiori a quelle, appena discrete, di Nicholas-John. Buoni invece gli sprazzi strumentali e le dinamiche musicali soprattutto sul finale. Accenti appena più duri si riscontrano, abbastanza efficaci, in “Heaven” mentre il breve strumentale “F.H.B.” va ad esplorare il lato più languido ed etereo del gruppo. L'esperimento è senz'altro positivo con una romantica chitarra a duettare con il piano. Ancora tinte heavy con decisi riff di chitarra per la conclusiva ed incerta “Touched”. Non dimentichiamo certo che si tratta di un album di debutto e che certi impacci sono più che comprensibili, però ci si poteva attendere qualcosa di più personale e meno “acerbo”. Qualche spunto interessante si intravede e speriamo che nel prossimo lavoro possa emergere compiutamente. Perché, nel più che rispettabile ambito new-prog, si può fare molto, ma molto meglio. Per ora siamo ad una sufficienza stiracchiata.
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Valentino Butti
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