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LOONYPARK Perpetual Lynx Music 2016 POL

Nati nel 2007, i Loonypark sono giusti con questo “Perpetual” al loro quarto album. Su di loro non ho molto da segnalare, se non che il tastierista Krzysztof Lepiarczyk è anche membro dei Padre, band autrice finora di un unico album nel 2012. Per quanto riguarda i Loonypark, questi si presentano di primo acchito come l’ennesima band polacca che si barcamena con un new Prog dalle tenui tinte gotiche, con cantato femminile e l’utilizzo di strumenti ad arco quali contrabbasso e violino (ma anche banjo).
Quest’album contiene 9 tracce, tutte quante intorno ai 4-5 minuti di durata, dalle atmosfere sicuramente gradevoli, caratterizzate dal bel cantato di Sabina Godula-Zając, la quale ha una voce abbastanza potente che però sembra non venga sempre sfruttata al pieno delle sue potenzialità. Le canzoni sono tutte piuttosto uniformi, non solo in quanto a durata, con poche highlights da segnalare; potrebbe trattarsi di un album degli U2 o dei Simple Minds… pur con qualche (qualche!) orchestrazione un po’ più elaborata, qualche atmosfera timidamente più sinfonica… ma ovviamente meno classe da mettere sul piatto della bilancia. Non si può certo dire di trovarsi alle prese con un album scadente: “Perpetual” è sicuramente ben prodotto e ben suonato e può anche rappresentare una buona alternativa per un ascolto non troppo impegnativo.
Benché le canzoni, come già detto, siano piuttosto uniformi, alcune ovviamente risultano maggiormente azzeccate di altre; parlo dell’iniziale “Something to Forget”, se non altro per le atmosfere create da tastiere e violino ed il crescendo finale, di “Train of Life”, un po’ più movimentata e con gustosi (e inaspettati) intermezzi giocosi che vanno a spezzare una ritmica uniforme e spesso monotona, di “Catch and Release”, dalle movenze vagamente floydiane e qualche distorsione in più della media, o infine “New Beginning”, con un discreto finale tastieristico simil-Moog… ma è veramente difficile isolare qualche canzone rispetto alle altre. Un drumming ben poco fantasioso non aiuta di certo, in tal senso.
Non è facile parlare di album di questo genere; sarebbe senza dubbio più semplice avere a che fare con un disco brutto e suonato male ma non è questo il caso. Si tratta solo del classico “senza infamia e senza lode” per il quale il giudizio si muove costantemente sul filo del rasoio; non mi sento tuttavia, in assoluto, di consigliarlo a tutti.


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Alberto Nucci

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