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MANDALABAND The eye of Wendor: Prophecies Chrisalis 1978 (Eclectic Discs 2003) UK

Questo gruppo inglese dal nome orientaleggiante ("Mandala" è un termine sanscrito, molto caro alla religione buddista, che sta ad indicare il cerchio nel quale è simbolicamente racchiuso il cosmo) ha infatti prodotto una delle opere più influenzate dalla fantasy che il rock abbia mai conosciuto. Occorre innanzi tutto precisare che non ci troviamo di fronte ad una band vera e propria bensì ad una sorta di supergruppo in cui compaiono, sotto l'attenta direzione di Davy Rohl (autore di tutte le composizioni), più di 40 musicisti (!!!), oltre ad una selezione della Halle' Orchestra. Molti i nomi di spicco, tra cui John Lee, Les Holroyd e Woolly Wolstenholme dei BJH, Kevin Godley e Lol Creme del celebre duo ed altri su cui adesso non è il caso di soffermarsi.
Il lavoro è interessante soprattutto per il concept che, come avrete già capito, è un racconto fantastico ideato da Davy e Gilly Rohl assieme a Graham Garside. Tale racconto, esaurientemente riportato ed illustrato nello splendido inserto allegato all'LP (riprodotto nella ristampa su CD - ndR), narra la storia di Florian, un timido boscaiolo che, in seguito alla visione di un oracolo, è chiamato a lasciare la pace dei suoi boschi per combattere per la salvezza del suo mondo (ovviamente immaginario). I riferimenti alla più classica tradizione fantasy si sprecano: elfi, nani, foreste incantate, gatti trasformati in streghe e serpenti marini (oltre a molti altri luoghi comuni) trovano tutti quanti posto nelle dense pagine della storia. Gli appassionati troveranno sicuramente pane per i loro denti.
Sarei tentato di definire questo "The eye of Wendor" come un'opera rock, vista la grande massa di artisti che partecipano al disco e visto anche che la musica (non poteva essere altrimenti) si muove in totale simbiosi con le situazioni narrate, ma forse tale qualificazione sarebbe un po' eccessiva. Da un punto di vista prettamente stilistico siamo di fronte ad un album dalle atmosfere sinfoniche ed orchestrali, forse non così progressivo come il tema della storia farebbe sperare, ma sicuramente molto più vicino a questo genere che al pop. Il paragone coi Barclay James Harvest, apparentemente scontato, non è certo fuori luogo, anche se qui l'aspetto corale assume una maggiore rilevanza. Tra i brani migliori citerei l'iniziale "The eye of Wendor" (a proposito, questo è il nome del meraviglioso rubino magico incastonato nella fronte della statua di Aenord dalla cui scomparsa prende le mosse tutta la vicenda) in cui gli arrangiamenti orchestrali si contrappongono a robusti interventi di chitarra, "Florian's song", "Departure from Carthilias" e "Silesandre", tutte appunto dotate delle caratteristiche cui accennavo sopra.
Indubbiamente nessun pezzo è etichettabile come brutto, le melodie sono infatti tutte quante gradevoli; ciò che manca è probabilmente quel pizzico di inventiva in più che possa rendere l'album musicalmente degno di nota, ma la forza di questo disco risiede soprattutto nella sua capacità evocativa, per apprezzare la quale è indispensabile possederlo.
Mi spiace non potermi soffermare di più sulla storia, l'unica cosa che vorrei far notare è che l'LP riportava sull'inserto un promettente "to be continued..." ma purtroppo sarebbe certo troppo aspettarsi un seguito a così tanti anni di distanza...

 

Riccardo Maranghi

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