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THE MARS VOLTA Frances the mute Universal 2005 USA

Già si fece un bel parlare di questa band ai tempi del loro primo album ("De-loused in the comatorium" 2003) che tuttavia non mi impressionò più di tanto, pur essendo apprezzabile e mettendo in mostra un'attitudine genuinamente Prog, pur non essendo da etichettare come Prog. Ascoltando questo nuovo lavoro, ci rendiamo conto che quella non era che la prova generale di quanto il gruppo stava preparando. Non si può tuttora parlare di Prog come lo si intende abitualmente, ma forse "Frances the mute" rappresenta un ritorno al vero spirito del Progressive delle origini... o forse sancisce nuovi canoni per questo genere. Pensate... una band che firma per una major come la Universal e se ne esce con un album di 76 minuti composto da 5 tracce le quali, se si eccettua il singolo, di poco meno di 6 minuti, la più corta dura 12 minuti e mezzo, con la punta rappresentata dai 31 minuti e rotti di "Cassandra Gemini"!
Parlare diffusamente di "Frances the mute" ci richiederebbe uno spazio enorme, tanti sono gli stili, le variazioni ed i particolari, più o meno espliciti, che il gruppo riesce ad inserire nella propria musica. Si tratta, a dir poco, di un lavoro ambizioso, sia dal punto di vista musicale che da quello dei testi. Se i primi minuti di "Cygnus... vismund Cygnus" ci fanno pensare ad una band orientata ad uno hard rock creativo e trascinante, già dopo poco dobbiamo cominciare ad aumentare il livello di attenzione per star dietro alle prime variazioni e cambi di atmosfera dell'album, con momenti melodici, apparentemente calmi ma inquietanti che ci fanno presagire che qualcosa sta per succedere. E quel qualcosa succede... due... dieci... tante volte. Non ci sono attimi di vera pausa, momenti in cui possiamo semplicemente stare ad ascoltare senza rischiare di perderci un passaggio o una variazione repentina di atmosfera. La voce di Cedric Bixler Zavala ha un che di fragile e potente allo stesso tempo; la sezione ritmica è una delle più precise e potenti che abbia sentito da anni mentre le tastiere i Ikey Owns spesso se ne stanno in disparte, salvo prendere talvolta decisamente il comando e ricamare strane atmosfere. La seconda traccia è il singolo di cui parlavo in precedenza ("The widow"); non la definirei certamente un brano commerciale ed è un pezzo godibile, quasi una ballad, anche se non presenta le mille variazioni degli altri brani dell'album. Il brano successivo invece torna a spiazzarci: "L'via L'viaquez" è cantata in spagnolo e presenta una fusione di stili assolutamente imprevedibile. Heavy flamenco, fusion, samba, rock sinfonico, influenze zappiane... assolutamente incredibile! John Frusciante appare come ospite in questa traccia e la sua chitarra, così il piano suonato da Larry Harlow, dona un sapore tutto particolare a questa stranissima, eccezionale traccia.
"Miranda, that ghost just isn't holy anymore" è il titolo dei successivi 13 minuti divisi, come quasi tutte le altre composizioni, in sotto-tracce. Questi iniziano praticamente in silenzio, con solo degli effetti sonori; non è il caso di rilassarsi... qualcosa sta per accadere... di nuovo. Il suono di una tromba ci mette i brividi e ci prepara al cantato più emozionale dell'intero album da parte di Cedric. Il pezzo si acquieta... forse definitivamente... no... c'è ancora spazio per un finale in crescendo, anche se registrato a basso volume (con un bel Mellotron). E' il momento dei 31 minuti della suite finale. Viste le premesse, forse ci attendevamo di più da questa prova conclusiva. Un po' troppo lineare per gli standard cui il gruppo ci aveva ormai abituato, essa si presenta con un andamento frenetico e schizzato, con strani effetti sonori e vocali, parti strumentali poco convenzionali. Ma l'originalità sta proprio qui, nel concepire una suite di oltre mezz'ora in cotal modo, senza un vero attimo di requie se non in dirittura d'arrivo, quando l'album termina così come è iniziato. Una macedonia di strumenti e di parti musicali spesso in netto contrasto fra loro che sancisce l'apoteosi per un lavoro che potrebbe essere definito epocale. "Frances the mute" finisce ma sfido chiunque a non volerselo riascoltare subito, se non altro per raccapezzarcisi un po' di più. I primi ascolti sono senz'altro spiazzanti ma, se non avete la sensibilità di un blocco di selce, non potrete fare a meno di rendervi conto di aver ascoltato qualcosa di veramente nuovo e coinvolgente.

 

Alberto Nucci

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