Non si è ancora spenta l'eco della recente prematura scomparsa del grande batterista francese Pierre Moerlen che abbiamo già la possibilità di ascoltare un lavoro postumo dei suoi Gong. Con la celebre sigla, questo musicista ha continuato a sfornare album e questo a cui siamo ora di fronte vede la sua genesi a Mosca nel 2002, anno in cui è stato registrato. A quanto pare si tratta dell'ultima incarnazione della band, che vede coinvolti, per l'occasione, tre bravi musicisti russi: il chitarrista Arkady Kuznetsov, il bassista Alexei Pleschunov ed il tastierista Meehail Ogorodov. Il gruppo così formato si cimenta in tredici composizioni di classe per oltre un'ora di buona musica interamente strumentale. All'inizio, con "Flyin' high", siamo catapultati in suoni tipicamente spacey e d'atmosfera che donano una certa serenità. In seguito, invece, pur notando solide basi di jazz-rock (a partire dal secondo brano "Airway to seven") troviamo una maggiore varietà. Varietà intesa innanzitutto in senso stilistico, tra melodie ipnotiche, slanci fusion, passaggi di sognante space-rock e persino con qualche momento che può ricordare vagamente i King Crimson degli anni '80 ("Trip à la mode"). Ma c'è pure la ricchezza timbrica a favorire la buona riuscita del cd: nonostante una strumentazione abbastanza "classica" per i Gong di Moerlen, i suoni che scaturiscono dalla chitarra elettrica, dalle tastiere, dal flauto, dal vibrafono, dallo xilofono riescono ad essere caldi e puliti, dando un senso di feeling immediato. Anche se a tratti il lavoro può apparire un po' manieristico, specie nei momenti in cui si avverte una maggiore inclinazione jazzistica, la gradevolezza d'ascolto è sempre particolarmente elevata, grazie a musicisti affiatati che non sbagliano un colpo. Un disco felicemente ispirato e suonato benissimo, anche se non aggiunge nulla di particolarmente nuovo a quella storia già fantastica che vede come protagonisti i numerosi membri della famiglia Gong.