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MARYGOLD |
The guns of Marygold |
autoprod. |
2006 |
ITA |
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La storia dei veronesi Marygold inizia nel 1994, all'indomani dello scioglimento della cover band Wildfire, che all'epoca proponeva pezzi dei vecchi Marillion di Fish. Di quella formazione, dopo una serie di rimaneggiamenti, al giorno d'oggi rimane praticamente solo il tastierista Stefano Bigarelli ed il gruppo viene ora completato da Guido Cavalleri (ex membro della cover band dei Genesis Yellow Plastic Shoobedoobe) alla voce e al flauto, Marco Pasquetto alla batteria e Massimo Basaglia al basso. La gestazione dei brani che compongono questo esordio è lunghissima e le prime idee risalgono ai primi anni di vita del gruppo. Si può dire che questi pezzi sono in gran parte cresciuti con loro, evolvendosi progressivamente attraverso aggiustamenti e riarrangiamenti successivi. E' così che ci troviamo di fronte ad un debutto che dimostra una certa maturità artistica ed espressiva anche se il nome dei Genesis e dei Marillion non può che saltare fuori in continuazione se si vuole analizzare la musica dei Marygold. I sei brani di quest'album, pur con le proprie diversità e peculiarità, si snodano senza differenziarsi troppo l'un l'altro, denotando una omogeneità stilistica mantenuta nonostante la loro lunga gestazione e nonostante anche che ai brani stessi abbiano messo mano musicisti che non fanno più parte del gruppo. La musica è brillante e volendo abbastanza dinamica anche se si assesta soprattutto su registri pacati e morbidi; senza dubbio l'incisione è di qualità apprezzabile e superiore a molte altre autoproduzioni e riesce a farci godere della musica stessa senza le penalizzazioni di una produzione approssimativa. Tuttavia apprezzabile non vuol dire ottimale, naturalmente: i suoni hanno un'equalizzazione non perfetta e l'elemento forse un po' penalizzato è il cantato, a volte troppo in primo piano. Anche il suono, povero di contrasti, stenta a decollare nei momenti topici, quando invece dovrebbe acquisire maggior enfasi. Purtuttavia "The guns of Marygold" è un album gradevole, che si fa ascoltare volentieri, ancorché evidentemente derivativo dal punto di vista stilistico. Nessun atto di clonazione, solo qualche riferimento qua e là... un'armonia che ricorda inesorabilmente una specifica canzone dei Marillion... una chitarra quasi presa in prestito dal miglior Mike Oldfield… insomma, un gradevole album di new prog che riusciamo ad apprezzare fin dal primo ascolto e che ci parla di una band dalle potenzialità interessanti. Siamo sicuri che con l'esperienza di questo lavoro alle spalle la band riuscirà ad eliminare quelle piccole carenze cui un gruppo agli esordi inevitabilmente va incontro. Nel frattempo possiamo dichiararci globalmente soddisfatti di questo debutto, fatto di musica romantica, gentile e piacevole.
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Alberto Nucci
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