|
MUTYUMU |
Mutyumu |
Gyuune Cassette/Poseidon |
2006 |
JAP |
|
Anche questo sarà uno di quei cd straordinariamente belli della cui esistenza e validità si accorgeranno solo quattro gatti? Spero di no e ne consiglio subito caldamente una ricerca spasmodica, perché siamo di fronte ad un gruppo autore, dopo un paio di demo, di un esordio discografico favoloso. Mentre le note dei Mutyumu raggiungono per l’ennesima volta le mie orecchie mi immergo subito nella descrizione del loro lavoro, sperando di riuscire ad incuriosire chi può apprezzare le sonorità in esso contenute.
La partenza è stratosferica: “Koku” è un brano fantastico, costruito sui tocchi classicheggianti del piano e del violino e con una batteria che detta ritmi marziali. Si inizia delicatamente con una melodia molto dolce e malinconica, ma si susseguono sbalzi di tensione vari che portano al finale in crescendo, con eccitazione e adrenalina a mille. Inizio più promettente non poteva esserci… La successiva “Zantetsu” viaggia spedita e allegra, come una sorta di jazz-rock sinfonico ed ancora si avvertono dei crescendo e delle sonorità altisonanti, caratteristiche che possono ricondurre allo zeuhl più imponente.
Con “Kronos kairos” le cose cominciano a farsi estreme: il sound si indurisce e si appesantisce e dopo la partenza solenne, districandosi tra una serie di cambi di tempo, Ryota Yoda comincia a far viaggiare velocissime le note della sua chitarra, spingendosi verso soluzioni non distanti dal death metal e da quelle provate dai nostri Garden Wall in “Forget the colours”. Entra in scena in maniera netta anche il cantato con vocalizzi particolari che, pur distanti dal kobaiano, fanno pensare alle spigolosità dei cori zeuhl. Ho parlato di estremismo? I Mutyumu vanno ancora oltre con “Fujyo kouhuku sanka”, con un funereo incipit doom-death-prog che si stempera poi con momenti ariosi ben articolati tra piano, melodie vocali elegiache, basso e violino. E come se non bastasse, “Sonzai no kakuritsu” è un brano basato in pratica solo sulle parti cantate, in un mix incredibilmente riuscito di musica lirica e gotica. Si ritorna ad un death straziante e intelligente con “Madouin mousoi tenshi kyoku”, condito di vocalizzi quasi growl, urla e ugole angeliche e da questo brano qualsiasi gruppo di black metal sinfonico avrebbe da imparare… In effetti, la presenza di vari cantanti ospiti (oltre alla vocalist titolare Hatis Noito, che quando entra in gioco riesce a non far pensare ai cartoni animati!) rende ancora più ricca e particolare la proposta dei Mutyumu tra voci “evil”, “noise”, “opera”, “servox”, “hiroppin tenor”, come descritto nelle liner-notes.
Ritmi e suoni curiosi caratterizzano “Tetsu no hanataba”, che si spinge in più direzioni, accarezzando jazz, elettronica, trip-hop e avanguardia. Un mix di più stili è riscontrabile anche in “Syosou kuka gennai no sirabe” che porta poi ad un orientamento verso il post-rock e respirando atmosfere care ai Sigur Ros e ai GY!BE; cosa confermata dai fenomenali tredici minuti di “Rakunen”: indolente all’inizio, con una mirabile ed esplosiva accelerazione ci catapulta in una fase caratterizzata da un ciclone sonoro (e qui il violino di Chiaki Okamoto è letteralmente incandescente!) il cui imperioso crescendo porta ad un finale che è qualcosa di meraviglioso e incredibilmente esaltante, con chiusura morbida affidata ai tocchi leggeri del piano. Impossibile, in questi minuti conclusivi del brano, non lasciarsi trasportare, rimanere immobili di fronte ad un’apoteosi musicale che è tra le cose che più mi hanno piacevolmente travolto nel 2006 prog.
Sperimentale e tranquilla, “Mumu no renzokukousa” precede gli splendidi e contrastanti dialoghi tra una chitarra ruvida ed un violino sinfonico su “Hakugoku no yume”, che in conclusione riprende il tema principale della prima traccia, sviluppandolo, però, in maniera diversa. Tante emozioni provate finora; stremati, ma pienamente soddisfatti, ci rendiamo conto di essere arrivati fin troppo velocemente (eppure è passata oltre un’ora) all’ultima traccia “Tata” che è una sorta di commiato leggero, nel quale i dolci arpeggi di chitarra, i lievi tocchi di piano, i soavi vocalizzi, sembrano farci rifiatare un attimo, per poter essere pronti, magari, una volta terminato il cd, a rituffarci a capofitto nell’ascolto…
Folli e intraprendenti, estremi e personali, trascinanti e furiosi, calmi e riflessivi, raffinati e ingegnosi, potenti e adrenalinici… Signore e signori, ecco a voi i Mutyumu!
|
Peppe di Spirito
|