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THE MAHAVISHNU PROJECT Return to the Emerald Beyond Cuneiform Records 2007 USA

Poteva uscire “The Genesis Project – Return to Selling England” o magari “The Caravan Propject – Return to The Land of Grey and Pink” e perché no “The ELP Project – Return to Brain Salad Surgery”. Potevano uscire decine di cose così, e noi cosa ne avremmo pensato? Non credo troppo bene.
Questo progetto, capitanato dal favoloso drummer Gregg Bendian, qui in veste anche di produttore e arrangiatore, puzza di operazione inutile (musicalmente parlando), forse utilissima sotto l’aspetto economico.
Come dice chiaramente il nome siamo di fronte ad una rivisitazione dei magici fasti della Mahavishnu Orchestra, forse il più importante gruppo di Jazz Rock mai esistito. Forse la parola rivisitazione non è la più centrata perché di suo, il nuovo Project, non ci mette molto e i pezzi eseguiti sanno un po’ troppo di fotocopia sbiadita degli originali.
Intendiamoci, gli undici componenti sono capacissimi e non hanno tecnicamente molto da invidiare ai componenti storici, ma – come sempre – non si tratta solo di un problema tecnico, John McLaughlin, Michael Walden e Jean Luc Ponty, artefici principali del progetto originale “Vision of the Emerald Beyond”, la musica se la sono composta, l’hanno sofferta, sviscerata; c’erano l’anima e i cuore di ogni membro, aperti al centro dell’effervescenza prog compositiva del primo lustro degli anni ’70. Ora, è vero, è rimasta la tecnica.
Il doppio CD che stiamo trattando è per tre quarti dedicato all’intero “Vision of the Emerald Beyond”. Più sono presenti, a mo’ di bonus tracks, “Smile of the Beyond” di Apocalypse, “Vital Transformation” di Inner Mounting Flame e “Sister Andrea” di Between Nothingness & Eternity.
Tutti i brani sono parecchio dilatati rispetto alle durate originali e le parti nuove sanno un po’ di minestra allungata: qualche spazio per gli assolo, qualche raddoppio delle figure, brevi parti che parrebbero più improvvisate, ma che sono sempre sul giro di accordi dei temi originari.
Le cose migliori di questo lavoro sono, ovviamente, da ricercarsi nell’impeccabile tecnica dei suonatori, anche se ho trovato poco centrate le parti vocali dei cori di Eternity’s Breath, soffuse, seminascoste e po’ troppo anonime. Egregio il lavoro ritmico e dei violini, ma questo è scontato.
L’ascolto di questo lavoro è piacevole, non mi sentirei di dire nulla di più. Ovviamente per chi non avesse idea di cosa fosse la Mahavishnu Orchestra consiglierei i lavori originali e non certo questo (che peraltro è il terzo episodio del Project). Quindi il consiglio per l’acquisto è indirizzato ai curiosi o a chi volesse ascoltare del jazz-rock di alta fattura senza sindacarne troppo la provenienza.

 

Roberto Vanali

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