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MANOGURGEIL Unirytmejä autoprod. 2007 FIN

E' incredibile la splendida fioritura che sta vivendo la scena prog finlandese, ogni giorno si affacciano sul mercato discografico indipendente nuove band e tutte con qualcosa di da dire. Non si tratta in generale di gruppi all'avanguardia in termini di originalità, ma in molte occasioni le proposte sono interessanti e godibili. Molte purtroppo sono destinate a rimanere nell'ombra, all'interno di uno scenario in continuo fermento ma che sicuramente non gode della visibilità e della considerazione che meriterebbe. Speriamo non sia questo il caso dei Manogurgeil che giungono con questo album all'esordio discografico, dimostrando una buona maturità espressiva, un ottimo feeling e discrete capacità tecniche. L'aspetto che maggiormente colpisce riguarda sicuramente la scelta delle sonorità, che si basano su una tavolozza di sfumature vintage, centrate principalmente sul binomio organo/piano elettrico. La piacevolezza dei suoni viene sfruttata per disegnare melodie delicate ed affascinanti che si collocano a metà strada fra il repertorio dei Camel e quello dei Caravan più romantici. Proprio di ispirazione Cameliana appaiono le linee di chitarra, pulita e prevalentemente arpeggiata, che movimentano in maniera garbata e quasi impercettibile un tessuto sonoro avvolgente e privo di increspature. L'album appare nel complesso abbastanza omogeneo, confortevole, rilassante come una morbida trapunta di piuma d'oca e a discostarsi dalla media sono soprattutto le prime due tracce. Quella di apertura è l'unica cantata ed è dinamica e frizzante, con una performance vocale di Noora Peltomäki che ricorda vagamente i Pizzicato Five. La seconda canzone è quella più lunga, con i suoi undici muniti, ed è un tripudio di soft jazz Canterburyano ampiamente ispirato ai Caravan, con assoli d'organo intriganti, melodie sognanti ed un tessuto sonoro finemente movimentato ed elegante. Si tratta del pezzo più variegato dell'album che colpisce per i suoi suoni, per le belle melodie basate su déjà-vu inconfondibili, con intrecci fra il piano elettrico e l'organo davvero intriganti. Non che il resto dell'album non sia all'altezza ma i primi due pezzi sono a mio giudizio quelli più fantasiosi. Il resto del CD, come dicevamo, è più omogeneo, soft ed avvolgente; le atmosfere sono a volte spolverate di psichedelia, come in "Vesikävelijät valtaavat altaat", a volte sono più tarate sulle produzioni dei Camel, come nella graziosa "Poliisien kesäkoti", dalle melodie giocose che sembrano rubate a "The Snow Goose". Una storia un po' a sé stante a dire il vero la fanno anche i due pezzi di chiusura che sembrano quasi delle divagazioni da cantina, ma la loro durata è di sei minuti in totale e possono quasi essere considerati come un'appendice dell'album. Il risultato finale è sicuramente godibile ed apprezzabile per chi ama queste sonorità ed in sostanza si tratta di una prova pulita ed elegante che non trascende mai il gusto per le melodie distese e piacevoli che rimangono lo spirito guida di questo disco.

 

Jessica Attene

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