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MOTHER BLACK CAP |
The English way |
Cyclops |
2009 |
UK |
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Nel pieno rispetto di quanto dichiarato nel titolo questo quintetto ama fare le cose alla maniera inglese. Il risultato è un album, il secondo per questa band, che dichiaratamente si rispecchia nei grandi classici del Progressive Rock anglosassone senza però inserire i classici riferimenti in uno stile troppo personale e caratterizzante. Si tratta di un album onesto ed ascoltabile che però non riesce a brillare di luce propria. Non dico che bisogna inventarsi chissà che cosa, il problema non sta nel fatto che si tratti di una band derivativa, ma più che altro nell'incapacità di dimostrare la propria personalità. Numerosi sono i punti di riferimento e il tentativo di seguire più sentieri già tracciati da altri porta alla creazione di un'opera piuttosto frammentaria ed indecisa. Sparsi qua e là troviamo frammenti di Camel, Pink Floyd, Genesis con qualche sporadica traccia Crimsoniana, con una netta preferenza per le atmosfere meditative. La voce di Iain Jackson ha tonalità basse, smorzate e tutto sommato piacevoli anche se dobbiamo dire che non si tratta di un'ugola piuttosto dotata. Le parti tastieristiche sono ben rappresentate ma non proprio rigogliose ed il drumming è decisamente poco fantasioso e a volte poco preciso. I suoni dei vari strumenti sono poco impastati fra di loro e la produzione in generale appare decisamente ruspante. Questo aspetto emerge soprattutto nella traccia di chiusura, un lungo brano di quasi 20 minuti che dovrebbe in teoria essere la punta di diamante del CD ma che inesorabilmente si rivela una pericolosa buccia di banana. Laddove, su una distanza più corta, la band riesce a mantenersi a galla, quando c'è bisogno di uno sforzo più intenso vengono fuori i problemi di songwriting, di esecuzione e di creatività. Molto più graziose sono le tracce corte, come la ballad "Home", di circa 3 minuti, che presenta interessanti parti corali e richiami ai Jethro Tull, o "In Vino Veritas", con momenti Cameliani ed una graziosa esplosione sinfonica finale. Insomma, non bisogna accontentarsi di fare le cose all'inglese ma in ambito artistico bisognerebbe cercare di spingersi sempre qualche millimetro più in là, dimostrando perlomeno di avere carattere ed inventiva. E' vero che ci si può sempre accontentare e se questo è anche il vostro spirito, troverete in questo CD la possibilità di un ascolto tutto sommato piacevole e disimpegnato.
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Jessica Attene
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