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MORPHELIA Waken the nightmare Vossphor Records 2009 GER

I Morphelia nascono nel 2001, quando il cantante Kurt Stwrtetschka si unice ai Peacock, Progressive Rock band ispirata ai Saga, attiva dal 1999, decidendo di cambiare il loro nome e questo “Waken the Nightmare”, un doppio CD rivestito da una lussuosa confezione, è la loro secondo produzione discografica, giunta a un anno appena di distanza dal disco di esordio, “Prognocircus”. “Waken the Nightmare” è un concept ispirato ad un incubo che inquietava in maniera ricorrente le notti di Kurt, quando ancora era un ragazzo, che vede come protagonisti, in una strana casa di 365 finestre, l’anima perduta di Elias Morph ed il diabolico capitano Imaginos. La musica non è nient’affatto da incubo, anche se certe ambientazioni sonore ci fanno a volte immaginare le scene del celebre musical “Il fantasma dell’opera” di Andrew Loyd Webber. La musica dei Morphelia è in un certo senso molto teatrale e melodrammatica ma si basa su suoni netti e partiture semplici che arrivano dirette al punto. In particolare la base ritmica si muove su tempi semplici e solidi mentre il ruolo più importante viene rivestito dalle tastiere di Günter Grünebast che ricordano molto quelle dei Genesis, con tanto di Moog (di cui Günter possiede ben tre modelli) inserito nei punti chiave. Ne deriva un sound molto sinfonico ma comunque asciutto e dinamico, senza tanti fronzoli, che fa da giusto scenario alla storia narrata. Dal canto suo la voce di Kurt ricorda non poco quella di Peter Gabriel e la sua interpretazione è sempre molto elegante e misurata. Qualche riferimento lo possiamo trovare anche verso i Marillion della prima era o verso i Pink Floyd più melodici, anche se, di tanto in tanto, le chitarre di Guido Fröhlich intervengono ad irrobustire il sound, con venature che in alcuni tratti possono persino accostarsi al metal. L’album, nonostante la sua lunghezza, mantiene una qualità piuttosto omogenea, con un giusto alternarsi di momenti di tensione e fasi di rilassamento. Alla fine del secondo CD la band ha ancora la forza e le capacità di tirare fuori un pezzo epico di ben 27 minuti, intitolato “The End is the Beginning of the End (From the Inside Coming Out)” che si sviluppa gradualmente lungo sentieri melodici e che ci dà l’idea dello scorrere lento dei titoli di coda sullo schermo nero alla fine di un film, mentre le luci pian piano si riaccendono e gli spettatori indugiano ancora un po’ prima di abbandonare la sala. Siamo senza dubbio nei territori del new prog che in apparenza possono sembrare semplici da esplorare ma che per molte band si rivelano una trappola. Diciamo che questo gruppo è riuscito a mantenersi in equilibrio dall’inizio alla fine, creando qualcosa di semplice e piacevole, che non entusiasmerà forse gli animi più esigenti ma che può trovare una sua collocazione nella collezione di dischi di chi ama il prog nella sua veste più romantica e melodica.


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Jessica Attene

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