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P.Y. MARANI Outline Autoprod./AC Productions 2010 FRA

Devo ammetterlo, non mi aspettavo niente di memorabile da questo album. Forse era la presenza come ospite di Derek Sherinian, oppure la sfilza di riferimenti più o meno scontati indicati da Marani nel suo myspace a farmi pensare di aver davanti il solito dischetto infarcito di prog.metal in stile Dream Teather, suonato benissimo ma senza particolari qualità compositive. Nonostante queste premesse, mi sono apprestato all’ascolto cercando di mantenere un approccio il più possibile obbiettivo, rimanendo alla fine spiazzato.
“Outline” è un ottimo disco, dal suono frizzante e moderno, sorprendente per cura la con cui sono stati elaborati la composizione e gli arrangiamenti, senza riempitivi o evidenti punti deboli. P.Y. Marani è riuscito a creare uno stile efficace che media tra metal di classe e prog melodico d’atmosfera. Chitarrista e tastierista (ma nel disco suona anche il basso), il nostro è essenzialmente un maestro della sei corde che, pur non facendo della personalità il proprio punto forte, dimostra di aver appreso appieno la lezione dei suoi maestri dichiarati (si avvertono evidenti influenze da parte dei soliti Malmsteen, Satriani e Vai, nonché del tanto sopravvalutato Petrucci), sfoggiando un arsenale di trucchi dei quali ogni chitarrista ipertecnico moderno sembra non poter fare a meno. Marani si destreggia nei brani del disco costruendo linee melodiche spesso armonizzate, arpeggi e assoli infarciti di tapping, sweeping e legati, senza perdere il feeling e dimostrando di avere il tocco che manca a molti dei suoi colleghi fanatici della velocità. La particolarità delle parti di chitarra in “Outline” consiste nel fatto che esse sono sempre misurate, mai invadenti o ripetitive, con un uso della distorsione molto intelligente e mai fastidioso, talmente ben suonate da far apparire naturali anche passaggi molto difficili.
I sette brani sono tutti strumentali, con un minutaggio medio abbastanza elevato – solamente “Solaris” scende sotto i quattro minuti – e un tema di fondo a carattere fantascientifico evidente dai titoli, i quali riprendono quelli di alcune opere letterarie di Philip Dick, Stanislaw Lem, Isaac Asimov, Aldous Huxley, George Orwell e Cordwainer Smith. Molto efficace l’iniziale “The Harryman’s Dream”, con gli accordi aggressivi accompagnati da bei suoni di marimbe e synth-pads alternati a linee melodiche e rallentamenti nei quali si avverte l’eco dei Porcupine Tree e dei Pink Floyd più moderni. Ottimo lavoro dei sintetizzatori in “First Foundation”, ad accompagnare una chitarra solista che diventa quasi subito la protagonista assoluta di un brano traboccante melodia. “Brave New World”, con le percussioni in sottofondo, il ritmo cadenzato della batteria e l’atmosfera quasi ambient, può ricordare almeno in parte gli Ozric Tentacles, ma è in tutto l’album che si avverte spesso un’atmosfera space-rock ed elettronica che sembra dare pieno senso ai titoli dei brani. Derek Sherinian fa finalmente la sua comparsa in “Ubik”, concedendosi un assolo di un minuto abbondante che non toglie ne aggiunge alcunché all’album, svolgendo quindi alla perfezione il suo ruolo di nome di richiamo necessario per promuoverlo. “Outline” si chiude con “Goodbye 1984”, suite di quasi diciannove minuti che lo riassume alla perfezione, con influenze classiche però molto più evidenti.
“Outline” merita ripetuti ascolti perché difficilmente vi annoierà e, come il suo stesso autore si augura, è il primo di una lunga serie di album. Se P.Y. Marani riuscirà a mantenere uno standard compositivo così elevato, non c’è dubbio che aspetteremo con ansia ogni suo nuovo lavoro.
Una precisazione doverosa: il disco è stato realizzato anche a seguito ad una sottoscrizione avviata da P.Y. Marani sul suo Myspace, grazie alla quale ha potuto finanziarne il completamento.



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Nicola Sulas

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