|
LA MÁQUINA CINEMÁTICA |
Música para pantallas vacías |
Epsa Music |
2010 |
ARG |
|
Musica per schermi vuoti è un titolo che si adatta perfettamente alla musica del pianista e compositore Exequiel Mantega e del suo nuovo progetto, il cui nome rimanda altrettanto efficacemente al mondo della cinematografia. La pellicola è priva di immagini ma è riempita da suoni pittorici che disegnano nell’anima dell’ascoltatore paesaggi fluttuanti con colori luminosi. Le visioni che ne derivano sono oniriche ed avvolgenti e sembra quasi di poterle attraversare in volo, con dolcezza e leggerezza, sostenuti dalla potente magia della musica. I pittori sono un gruppo di undici musicisti, i loro pennelli sono strumenti rock e d’orchestra e l’abile regista che ha ideato il quadro sonoro è ovviamente Exequiel Mantega, artista che conserva tutta una serie di progetti musicali diversi nel suo bagaglio di esperienze. Il nucleo più intimo della sostanza musicale è costituito proprio dal piano onnipresente di Exequiel, dal violoncello di Patricio Villarejo e dal clarinetto di Gustavo Hunt, attorno ai quali si aggregano nelle diverse tracce, come tanti elettroni, gli altri strumenti, dipingendo immagini ora con la sola forza dei colori orchestrali della musica da camera, ora con il sostegno dei ritmi e delle fragranze del jazz e della musica popolare sudamericana (dal tango al candombe dell’Uruguay alla Música Popular Brasileira). I due pezzi di apertura, “Amigos (parte 1)” e “Amigos (parte 2)”, sono quelli più sinfonici e pittorici e giocano sulle variazioni del medesimo tema melodico, attorno al quale si intrecciano gli strumenti della band nella sua formazione più ampia, con tutti e undici gli elementi. Accanto a quelli già citati troviamo due violini (di Ramiro Gallo e Sergio Fresco), il flauto di Paulina Fain, l’oboe di María Eugenia Caruncho, il basso di Guido Martínez, il clarinetto basso di Martín Pantyrer e la chitarra di Pedro Rossi. La musica è come un drappo di seta colorata, dalle pieghe delicate e mobili, dai colori pastello, dai ricami raffinati e non conosce mai strappi o attriti, scivolando leggera sulla pelle come una carezza sul filo di emozioni piacevoli. Le oscillazioni del ritmo vanno e vengono come le onde del mare e generano un continuo e piacevole movimento che fa scorrere le immagini sonore. Ovunque si respira una squisita ricercatezza, negli arrangiamenti, nella scelta dei timbri, nella tessitura delle trame ritmiche, nella costruzione delle melodie che sembrano leggere come una brezza fresca che riempie di ossigeno i nostri polmoni. La suite composta dai brani “Besos”, “Abrazos” e “Mordiscones” è l’unica parte del tutto priva di strumenti ritmici e vi troviamo solo il flauto, il violoncello, il clarinetto ed il piano ma nel suo minimalismo conserva la capacità di creare immagini in movimento. L’idea sembra quella della passione che pian piano prende forma attraverso melodie dapprima sognanti e piene di tenerezza con “Besos” e “Abrazos”, con il violino ed il piano che sembrano avvitarsi reciprocamente con languidezza, e infine arrivano i morsi, quelli del tango ovviamente, in una commistione di impressioni che partono da Debussy, passando per Gismonti e raggiungono infine Piazzolla. “Candombe para los pájaros” rimanda esplicitamente ai ritmi popolari, ingentiliti comunque da una trama piacevolmente sinfonica, e le colorazioni sembrano quasi quelle di Hermeto Pascoal. La musica potrebbe essere la colonna sonora dei vostri sogni con la sua sofisticata incantevolezza che si traduce in una apparente semplicità, col suo romanticismo mai stucchevole, con le sue emozioni intense ma mai esasperate. Questo album si può respirare fino in fondo, dall’inizio alla fine, lasciando andare semplicemente la musica, assaporandola di tanto in tanto a vostro piacimento, oppure gustandone appieno ogni singolo momento senza privarsi di essa per un solo secondo, la cosa certa è che quasi inevitabilmente vi incanterà, ci scommetto senza timore di perdere.
|
Jessica Attene
|