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RODOLFO MEDEROS |
De todas maneras |
Diorama |
1977 (2011 Viajero Inmovil) |
ARG |
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Chi ama il tango inevitabilmente prima o poi arriva a Rodolfo Mederos, compositore votato a questa musica che ha scelto il bandoneón (strumento ad ancia simile alla concertina) come mezzo di espressione. Il suo impatto fu così forte che Ástor Piazzolla, dopo averlo ascoltato, volle che aprisse per il suo spettacolo a Córdoba e lo invitò ad abbandonare la facoltà di biologia per seguirlo a Buenos Aires, all’inseguimento di quelle che erano le sue vere ispirazioni e, quando si fu trasferito, gli regalò un bandoneón perché potesse coltivare la sua arte. Il suo primo album, “Buenos Aires... al rojo!”, fu pubblicato in Argentina nel 1966 e nel 1967 Mederos era subito in viaggio per Parigi dove visse fino al 1969, quando un altro grande compositore argentino, Osvaldo Pugliese, gli chiese di unirsi alla sua orchestra. Al fianco di Pugliese rimase come musicista ed arrangiatore fino al 1974, quando decise di costruirsi un proprio stile ed una propria identità musicale, pur senza perdere di vista la sua grande passione e cioè il tango. Nel 1976 mise in piedi il gruppo Generación Cero e con questo iniziò a percorrere strade non convenzionali, spesso di rottura, in cui si univano Jazz, Rock e la magica musica di Buenos Aires. Secondo Mederos questo album, il secondo con i Generación Cero dopo "Fuera de broma 8" uscito nel 1976, sintetizza al meglio il suo pensiero ed i suoi sentimenti verso la musica di Buenos Aires. I ritmi del tango ed il bandoneón, strumento principe di questo genere, sono centrali ma si intrecciano ad altre correnti musicali penetrando a fondo nella loro struttura, perdendo quindi la loro veste originaria per diventare l’anima, l’essenza pura di forme nuove. Un’occhiata agli strumenti impiegati serve già a farci intuire la particolarità della proposta: accanto a Rodolfo Mederos con il suo bandoneón troviamo Tomás Gubitsch alla chitarra elettrica, acustica e spagnola, Eduardo Criscuolo al basso elettrico, Rodolfo Messina alla batteria ma soprattutto Gustavo Fedel con il suo corredo di tastiere che comprendono il piano acustico e Rhodes, l’organo, il MiniMoog ed il sintetizzatore ARP. La musica oscilla in direzioni diverse con intriganti aperture jazz, robuste iniezioni di hard rock, a volte dal tocco bluesy, ma soprattutto ben definite venature sinfoniche. Ne è un esempio ”Triste diciembre” le cui melodie sono dipinte da un flauto tenebroso, suonato dall’ospite Erich Schneider, e dall’immancabile bandoneón che si proietta come un’ombra scura sullo sfondo creando una sensazione di penetrante malinconia. Molto belli sono gli intarsi di chitarra elettrica e l’ossatura fornita dalla batteria, possente e grezza ma anche molto dinamica. Colpisce molto la traccia di apertura, la title track, con i suoi movimenti sinuosi. In questo caso è il bandoneón che guida la danza e le tastiere creano intrecci ricercati attorno ad esso seguendo ritmi jazzati, innervati di tanto in tanto da lampi hard-blues. La chitarra elettrica si prodiga in assoli quasi Hendrixiani mentre l’organo, nel suo incedere, ricorda da vicino gli Uriah Heep. “El lugar donde vivo” fa leva principalmente sulle linee melodiche, estremamente poetiche, che si stagliano in primo piano, sostenute pur sempre da un sottofondo ritmico non invadente ma sicuramente complesso. Molto appassionante si presenta “Cada dia, cada noche”, traccia che apriva il lato B del vinile, con la sua batteria suonata in maniera vivace, quasi interamente sui piatti, sonori e squillanti, con i suoi suoni graffianti, il piano Rhodes vellutato, il colore dei synth, il fascino del bandoneón, le spesse trame della chitarra. Dopo questi impasti così possenti stupisce quasi la gentilezza di “Verano 1976”, dominata da un piano oltremodo romantico. Questo album racchiude in sé, non tanto il ritmo riconoscibile del tango, quanto tutta la sua passione e potenza; si basa su sensazioni forti e profonde, come le unghie dell’amante appassionato che affondano sulla pelle in un misto di dolore e piacere. Conserva una profonda impronta sinfonica, belle melodie, che risaltano in particolare nei pezzi lenti che non mancano, ma è galvanizzato al tempo stesso da strumenti elettrici che seguono percorsi al confine fra il jazz ed il rock, in un tumulto di emozioni che traspirano dalla sua matrice sonora grezza ma particolareggiata. C’è da dire purtroppo che questa ristampa è stata presa da un vinile, trovandosi il master originale in pessimo stato. Il lavoro è stato fatto al meglio ma un recupero in piena regola forse avrebbe garantito dei suoni più brillanti. Questo ovviamente non lo sapremo mai ma la cosa certa che rimane è il valore assoluto della musica che colpisce per le sue soluzioni inusuali e per la sua emotività. Un artista senza dubbio da riscoprire.
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Jessica Attene
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