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ANDREA MANTERO Don Chisciotte! autoprod. 2013 ITA

Il titolo dell’album già dà interessanti indicazioni. Il cantautore Andrea Mantero, infatti, per questo lavoro trae ispirazione dal celebre romanzo di Miguel de Cervantes. Si può parlare tranquillamente di concept album, anche se, prendendo spunto dal “Don Chisciotte”, Mantero si indirizza poi verso tematiche legate all’adolescenza, in maniera tale che i brani del cd sembrano disegnare un percorso fatto di incertezze, sogni, illusioni, ideale e crescita, fino a culminare in quella presunta maturità quando la trasformazione da ragazzo ad adulto è completa. Si tratta quindi di un’opera abbastanza ambiziosa, per la quale Mantero (impegnato alla voce, alla chitarra acustica e al mandolino) è accompagnato da Andrea La Bruna (chitarre, mandolino, bouzouki), Stefano Olivieri (basso) e Mario Mantero (piano, tastiere, programmazione batteria). La partenza con “Dimmi cosa inventi” mostra subito una piacevole raffinatezza acustica, mentre altri brani, come “Vivo fuori”, “Ronzinante (il mio cavallo ha preso il volo)”, la title-track, “Il canto del Mancego (comunque vivo)” e “Lista dei desideri” mettono in luce una maggiore varietà, con arrangiamenti fantasiosi, momenti tirati e venature non distanti dal progressive rock. “Il duello” è forse il brano che maggiormente si avvicina al prog, sia per la durata che si protrae per oltre undici minuti, sia per il sound caratterizzato da tastiere sinfoniche e da aperture vagamente floydiane. Le tracce, tra l’altro, sono intervallate da parti recitate estratte dal film “Don Chisciotte” di Maurizio Scaparro e c’è anche una breve citazione da “Mulholland drive” di David Lynch. Ad ogni modo è difficile individuare influenze musicali ben precise, potremmo individuare il De Andrè che collabora con la PFM (ascoltare in particolare “Storia di Marcella”), i più classici cantautori italiani (da Fossati a Battiato, da Vecchioni a Lolli), o anche Mark Knopfler per certi passaggi più rock, ma fondamentalmente Mantero e compagni riescono ad indirizzare il tutto verso una strada abbastanza personale. Il punto forte del disco restano comunque i testi ben ricercati e ricchi di spunti di riflessione, che meritano di essere seguiti con attenzione. E qui ci colleghiamo alla parte un po’ più difficile, perché risulta un po’ stancante seguire un album in cui la parte testuale riveste una tale importanza e che si protrae per circa un’ora e sette minuti. A parte questa piccola problematica, l’ascolto è sicuramente consigliato a coloro che apprezzano la musica d’autore, gli album a tema, l’orecchiabilità e le docili melodie abbinate ad arrangiamenti di qualità anche se non eccessivamente complessi.



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Peppe Di Spirito

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