|
MARCHESI SCAMORZA |
Hypnophonia |
Ma.Ra.Cash |
2015 |
ITA |
|
Tre anni fa avevamo conosciuto questa band ferrarese dei Marchesi Scamorza che, tra ingenuità e buone intuizioni, aveva pubblicato il debut-album “La sposa del tempo” dal sapore seventies come già il monicker del gruppo lasciava facilmente intuire. Con una produzione ed una distribuzione più accurata, una line-up confermata ecco oggi, dunque, “Hypnophonia” con 5 nuove composizioni. Il titolo sta a significare l’unione tra la psiche ed il suono e, a parere del gruppo, quindi molto pertinente alla proposta musicale. Il booklet, sufficientemente esaustivo, presenta una foto della band e le liriche delle 5 tracce presenti. La spina dorsale dell’album è rappresentata dalle due suite, “Il cammino delle luci erranti” e “La via del sognatore”, entrambe attorno ai 13 minuti. L’arioso strumentale che apre la prima pièce ci riporta al glorioso passato del pop italiano e a gruppi che hanno fatto scuola come il Banco del mutuo soccorso, la voce di Enrico Bernardini, seppur non trascendentale, ci pare migliorata in personalità (almeno nel brano in questione), mentre le sferzate hard-rock “giocano” egregiamente con i momenti più soffusi e di atmosfera congegnati dalle tastiere di Cazzola. Molto bello il crescendo finale per un brano senza momenti di stanca e piuttosto suggestivo. Nulla di innovativo (ma… scusate il blues, l’heavy metal o i generi più “intellettuali” innovano ancora?) ma un piacevole “già sentito” con delle buone dinamiche strumentali. Di buon livello anche “La via del sognatore”, divisa in tre sezioni: raffinata e soffusa la prima (“La notte”), più energica “Il sogno” (la seconda parte) con la sezione ritmica in evidenza (ma qualche impaccio nei testi), lirico ed emozionante il finale (“Il risveglio”), probabilmente il più ispirato dell’intero lavoro. E gli altri brani? “1348” è un frizzante rock definito da intrecci di chitarra elettrica e dalle onnipresenti tastiere; con venature hard-rock anche “Campi di Marte” meno incisiva, però, nell’interpretazione vocale. Più opaca “L’uomo col fiore in bocca” (ispirata ad una novella di Pirandello) malgrado qualche finezza delle tastiere di Cazzola sia ben presente anche in questa occasione. Un album, nell’insieme, godibile, senza importanti picchi creativi, ma anche senza particolari lacune da colmare. Un deciso passo avanti rispetto all’esordio, ma ancora abbastanza lontana è l’eccellenza che altri gruppi italiani hanno raggiunto. Ma siccome il tempo è spesso galantuomo li aspettiamo fiduciosi ad un ulteriore step creativo.
|
Valentino Butti
Collegamenti
ad altre recensioni |
|