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THE MUGSHOTS |
Something weird |
Black Widow Records |
2016 |
ITA |
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"Qualcosa di bizzarro" è un titolo azzeccato. Sono bizzarri i nomi dei musicisti, è bizzarro l'artwork ed è abbastanza bizzarra la musica, anche se agli ascoltatori appena più smaliziati non causerà troppe difficoltà. I Mugshots sono musicisti italiani celati dietro identità di fantasia (Mickey E. Vil, Eric Stayn, EyeVan, Gyorg II, Priest), autori di un disco fantasioso e dotato di una precisa identità con riferimenti vari e non scontati che spaziano dal punk all'hard rock, alla new wave e al progressive (anche se in maniera piuttosto collaterale). Durante l'ascolto mi è parso di cogliere echi evidenti di Black Sabbath, Hawkwind, Motorhead e persino Rush. Un'atmosfera da horror rock aleggia nei brani, e non a caso l'album è prodotto da Freddy Delirio-Federico Pedichini, tastierista dei Death SS. Di che tipo di album si tratta lo si capisce dopo il breve strumentale introduttivo, che ha il compito di preparare la strada a due brani serrati che si succedono senza respiro né soluzione di continuità. "The circus" e "Rain" sintetizzano in poco meno di dieci minuti una dichiarazione d'amore verso i ritmi ossessivi della batteria, del basso e delle chitarre elettriche, lanciati a testa bassa a spianare la strada, con Hawkwind, punk e psych-rock principali ispiratori e le tastiere ad arricchire con linee melodiche e sequenze gli arrangiamenti. "I am an eye", con ospite alle tastiere Freddy Delirio, ha un inizio cadenzato che sottolinea le atmosfere orrorifiche prodotte dall'organo e dai suoni di campane ma cambia a metà svolgimento per lanciarsi in una cavalcata hard rock. Ci sono poi alcuni brani costruiti in maniera più semplice, basati sul groove costruito dalla sezione ritmica su cui la chitarra tesse riff e accordi per creare una sorta di muro sonoro su cui fa sempre breccia uno stacco o un rallentamento in cui qualche arpeggio o una linea melodica suonata dal synth spezzano la tensione. È il caso di "An embalmer's lullaby part two" e di "Sentymento", notevole anche per la presenza come ospite alla voce del cantautore Enrico Ruggeri. "Ophis" è un tiratissimo strumentale che deve molto allo stile dei Motorhead, con un intermezzo melodico e belle colorature create dalle tastiere. "Scream again", con ospiti Freddy Delirio e Steve Sylvester dei Death SS, "Dusk patrol" e "Pain" giocano molto sulle atmosfere dark, tra momenti malinconici e improvvise esplosioni sonore guidate dalla chitarra e dalla voce. Più inconsuete "Grey obsession", nenia hippie immersa nei fumi psichedelici di percussioni, chitarre acustiche ed il flauto di Martin Grice (il basso fretless è invece suonato da Matt Malley, fondatore dei Counting Crows), e la conclusiva "Ubique", altro strumentale guidato dai synth e dalla struttura più rilassata. I Mugshots sono in attività da parecchio tempo, e si sente. "Something weird" ha un suono che deriva dell'esperienza e dalla voglia di divertirsi, nonostante le sue atmosfere siano spesso sinistre e ossessive. Mi è parso di avvertire una sorta di umorismo nero trasudare dalle note, che si accompagna bene alla grafica in stile fumettistico disegnata da Enrico Rizzi, noto per aver illustrato, tra l'altro, una storia della musica metal a fumetti. L'album è in sostanza un ottimo esempio di musica scritta per coinvolgere l'ascoltatore grazie al mix di atmosfere che piacerà in maniera trasversale gli estimatori di hard rock, psichedelia, punk, new wave, e progressive. Scusate se è poco!
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Nicola Sulas
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