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MAGIA NERA |
L’ultima danza di Ofelia |
Akarma Records/Black Widow |
2017 |
ITA |
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Viene ripescato dalla Akarma e distribuito dalla Black Widow l’ennesimo gruppo proveniente dal folto sottobosco italico dei tempi gloriosi che furono, cioè tra la fine degli anni ’60 e buona parte del decennio successivo. Hard rock dalle tematiche diaboliche, i cui testi risultano perfettamente in linea con l’epoca, quando si voleva scioccare con immagini che al giorno d’oggi fanno decisamente sorridere. Nati nella zona di La Spezia proprio sul finire dei sixties a nome Nuova Esperienza, i futuri Magia Nera vedevano nella formazione a trio il chitarrista Bruno Cencetti, che dopo i numerosi cambi sarebbe stato il solo a comparire sull’album odierno. Una volta giunta la stabilità seguita ai vari avvicendamenti e dopo aver consolidato il proprio stile a suon di Black Sabbath, Uriah Heep, Deep Purple e Led Zeppelin (oggi si avvertono un po’ meno, in verità), i nostri destano ottime impressioni nel 1972 al Free Festival Pop di Bottagna, così come sta a testimoniare il resoconto riportato sull’allora celebre rivista musicale Ciao 2001. Tanto che l’anno seguente vengono contattati da Aldo De Scalzi per incidere il proprio debutto sulla sua personale etichetta discografica, la Magma, e ad andare in tournée con i New Trolls. Le note biografiche diffuse in inglese dalla Black Widow parlano di un incendio che distrusse i nastri, preludio nefasto dello scioglimento del gruppo; quelle in italiano riportate nel libretto, invece, si limitano a dire che vi furono delle divergenze di opinione che portarono i componenti a separarsi, senza menzionare assolutamente l’incidente. Non è l’unica cosa strana, a dire il vero: sul libretto medesimo è riportato l’anno 2016 (probabilmente riferendosi esclusivamente all’anno di produzione), mentre nelle varie note diramate si riporta che l’album è stato pubblicato nel 2017. Resta il fatto che quasi come era accaduto con gli Spettri – altro vecchio gruppo hard rock dalle sonorità e tematiche fosche, che all’epoca non riuscì a pubblicare nulla nonostante l’intensa attività live –, i Magia Nera si affacciano per la prima volta sul mercato discografico dopo molti anni grazie al forte interessamento di qualcuno che ha trovato la loro proposta interessante, in questo caso il produttore Giorgio Mangora (ma anche il giornalista e scrittore Diego Sanlazzaro). La line-up è quasi la stessa dell’imminente debutto che poi non fu mai pubblicato, fatta eccezione per il nuovo tastierista Andrea Foce. Ed è proprio quest’ultimo forse l’elemento migliore, con un organo Hammond davvero convincente. Per il resto, si tratta di un lavoro che se fosse stato pubblicato per qualche misconosciuta etichetta di quei misteriosi anni, oggi se ne parlerebbe come una relic che incarna lo spirito del periodo, spingendo collezionisti ed “archeologi” alla ricerca di qualcosa che invero, col passare dei decenni, incomincia a valere più che altro per la sua testimonianza storica. Si parlava prima dei testi: nonostante vi sia una ricerca nelle tematiche occulte, il tutto suona davvero datato. Certo, si dirà che quelli espressi dalle band inglesi non sono sicuramente migliori, anche ai giorni nostri, e a questa obiezione non si può francamente dare torto. La produzione è buona, ha un bell’impatto già nelle prime note di “Ofelia”. Probabilmente, i momenti migliori sono da rintracciare ne “Il passo del lupo” e nella suite “Dieci movimenti in cinque tracce”, dove la voce roca di Emilio Farro riporta indietro nel tempo. La chitarra di Cencetti suona anche molto bene, incisiva al punto giusto quando si lascia andare negli assoli, e sarebbe bello ascoltarlo per un maggiore lasso di tempo in futuro. A tal proposito, la pubblicazione in CD viene chiusa da “Gipsy”, cover proprio degli Uriah Heep, che però non presenta il torrenziale ed infuocato assolo di tastiera dell’originale bensì un assolo dello stesso Cencetti alle sei corde. La soddisfazione di pubblicare finalmente il proprio lavoro i nostri se la sono presa. Adesso, se si vuole davvero andare avanti, occorre finalmente tagliare i ponti col passato, pur non dimenticandolo il toto.
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Michele Merenda
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