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MASHEEN MESSIAH |
For the light unseen |
autoprod. |
2016 |
JAP |
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Non ci vuole un grosso sforzo di fantasia per indovinare che questa band giapponese possa trarre la propria ispirazione primaria dagli Yes (la storpiatura del nome è avvenuta peraltro poco prima della pubblicazione di quest’album) ma questo non comporta di certo il fatto di essere dei semplici cloni di questa band. Se è vero che riconosciamo nelle scintillanti note che ci assalgono chiari riferimenti al periodo anni ’80 di Anderson e soci, anche se a dire il vero il riferimento più diretto può essere riconosciuto in album come “90125”, piuttosto che in “Drama”, il profilo completo dei quattro giapponesi (ai quali si è aggiunto il batterista Mark Murdock che ha suonato con Percy Jones e Peter Banks) ci porta a riconoscere nella loro musica, come da loro stessi specificato, altre band come It Bites, UK e Genesis (tardi Genesis, ovviamente), cui aggiungerei anche Asia, Rush e World Trade. Le ritmiche e le sonorità sono brillanti e non estranee ad atmosfere AOR, con sonorità ed atmosfere calate nei primi anni ’80. Le liriche sono in inglese e, considerato anche questo, non sono molti i particolari che ci potrebbero far presagire la nazionalità del gruppo, se non la solita grande tecnica che contraddistingue tradizionalmente gli artisti giapponesi. Su tutti domina la figura di Mutsumi "Gonzales" Tanamura, vocalist carismatico e dotato di mezzi e tecnica vocale, il cui cantato dai toni alti e drammatici dona senz’altro un alto profilo di personalità alla proposta della band. Tra le 7 tracce qui presenti spicca proprio la più lunga, “Learning To Fly”, posta al centro dell’album, che ci offre una prestazione sopra le righe di Tanamura, istrionica e decisamente ipnotica, se appena ci prestiamo la giusta attenzione. Il resto delle canzoni sembra quasi far da contorno a questa pièce centrale, anche se ovviamente non mancano motivi d’interesse anche per queste. L’opener “Sail Against the Wind” ha un qualcosa di new Prog che ci porta per pochi attimi alla mente IQ e Pendragon, anche se un mare dolciastro e melodico fa inabissare subito il tutto e i cori della seconda metà del brano spazzano via quanto è rimasto. “Divine Insanity” è caratterizzata da riff più pesanti, con vaghi rimandi ai Rush, anche se il brano si mantiene su un genere che andava di moda nelle highways 30 anni fa e più. “Cadence of Life” riabbassa un po’ i toni e si mantiene su tonalità orecchiabili, ma non troppo, con cori e ritornelli affabili che mettono in risalto la voce di Tanamura. Già detto dei 13 e passa minuti di “Learning To Fly” (e confermo gli apprezzamenti espressi per questo brano), che sembra quasi una mini-opera rock, passiamo ad “Awake for You”, introdotta dal breve strumentale tastieristico “The Dawn”, dall’immediatezza contagiosa e coinvolgente, e alla conclusiva “Tomorrow”, questa un po’ troppo ammiccante e fruibile a dir la verità, anche per la media delle non certo complesse composizioni precedenti. L’album d’esordio di questa band nipponica è divertente e coinvolgente; non certo una produzione che farà la storia ma che impressiona per la sua realizzazione ed esecuzione sfrontata, con prestazioni strumentali e vocali trascinanti e degne senza dubbio di platee importanti… beh, magari 30 anni fa…
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Alberto Nucci
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