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MOULETTES Preternatural C.R.A.F.T. Pop Records 2016 UK

Questa bella entità musicale britannica è giunta con “Preternatural” al suo quarto album in studio; li scopro in colpevole ritardo ma adesso, dopo aver ascoltato anche il precedente “Constellations” (2014), sono decisamente invogliato a recuperare anche i primi due lavori. La formazione del gruppo è rimasta praticamente immutata dal primo album, risalente al 2010, tranne la perdita della violinista Anisa Arslanagic, sostituita, almeno numericamente, dalla chitarrista e cantautrice Raevennan Husbandes. Il resto della band è ancora costituito dalla splendida cantante Hannah Miller (anche al violoncello, chitarra e synth), Oliver Austin (batteria, chitarra, piano e synth), Ruth Skipper (fagotto e autoharp) e Jim Mortimore (basso, contrabbasso e chitarra).
La perdita del violino nell’economia del gruppo non è del tutto indolore, avendo comportato la rinuncia (magari non dovuta soltanto a questo) ad una parte della componente cameristica presente nel lavoro precedente, in favore di elementi elettronici e alternative che vanno a sovrapporsi ed intersecarsi al folk rock delicato della band, guidato dalla voce solista di Hannah, spesso affiancata dalle altre due donne e, più sporadicamente, dai due uomini.
“Preternatural” è una sorta di concept album sui reconditi misteri della natura, composta da 11 tracce piuttosto brevi. L’approccio delle canzoni è molto particolare; si parlava di folk rock, appunto, ma sempre forte è l’elemento chamber in alcune tracce (innegabili le somiglianze, in tal senso, coi North Sea Radio Orchestra), mentre in alcune il rock e addirittura il synth pop prendono il sopravvento, con soluzioni musicali infarcite di effetti elettronici e noise. Gli elementi Prog che riusciamo ad individuare ci portano invece nelle vicinanze di Gentle Giant (Jim Mortimore è il figlio di Malcolm, batterista dei Three Friends, peraltro) e King Crimson.
L’avvio di “Behemoth” è rockeggiante e crimsoniana, un muro di suoni cui violoncello e contrabbasso donano tinte oscure… tonalità che peraltro pervadono più o meno l’intero lavoro. “Under Water Painter” è una canzone più pop, in cui cominciamo ad assaggiare suoni elettronici, con una prestazione vocale che ci ricorda un po’ Kate Bush. Più ritmata “Coral”, anche se il concetto di canzoncina pop diretta ed orecchiabile è estraneo ai Moulettes e ogni loro composizione riesce invariabilmente a sorprenderci e ad inserire in quei 3 o 4 minuti abbastanza note ed elementi musicali da riuscire a sorprenderci continuamente.
“Hidden World” è un brano delicato in cui la voce di Hannah sussurra suadentemente su un tappeto di elettronica (Björk è lì a due passi…). “Pufferfish Love” e tutte le tracce centrali (anche “Patterns” e “Rite of Passage”) vede crescere l’elettronica nell’economia della canzoni; più sfumata e poppish nella prima, più rock e alternative nelle altre (belle le armonie vocali dell’ultima delle tre).
La rarefatta e suadente (e quasi gotica) “Medusa” ci fa prendere una pausa ma si riparte con “Parasite”, in cui il violoncello disegna archi inquietanti sul tessuto irregolare di una canzone in cui sembra che i King Crimson di “Power to Believe” vogliano incontrare i Gentle Giant. “Bird of Paradise (part II)” accresce questo senso di inquietudine, contrapponendo un cantato delicato ed etereo ad un ritornello pesante ed opprimente.
L’album, che termina con “Silk”, anch’essa caratterizzata da un cantato delicato che si contrappone a spigolosità noise, è certamente meno immediatamente appetibile ad orecchie Prog rispetto al predecessore, ma la band riesce a stupire anche con canzoni brevi, riuscendo ad arricchire la propria musica di un continuo alternarsi di umori ed ambientazioni sonore. Una musica affascinante ed in continua trasformazione, mutevole e frastagliata, spigolosa e delicata, mai disturbante.



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Alberto Nucci

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