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MALUS ANTLER |
Osimandia |
Pick Up |
2017 |
ITA |
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L’esordio di questa promettente band italiana può essere visto come tappa importante di un percorso iniziato nel 2014, quando i Malus Antler nacquero, orientandosi decisamente verso il progressive rock. Nel giro di tre anni il lavoro dei musicisti si è evoluto e quell’indirizzo ha subito una piccola trasformazione, considerando l’inserimento di elementi legati alla psichedelia, a vari volti dei Pink Floyd e alla voglia di portare nell’attualità delle sonorità in voga nei seventies. Alex Donanzan (chitarra, voce e lap steel), Davide Parolin (clarinetto, flauto, sintetizzatori, cimbali, cori), Fabio Bordignon (basso), Franco Morosin (tastiere) e Gianluca Spagnolo (batteria, cori) sono riusciti a pubblicare nel 2017 “Osimandia”, un concept album incentrato sulla misteriosa figura del dio egizio Seth, immaginando un viaggio alla ricerca delle sue origini. La breve introduzione “Ombos” ci spinge verso scenari spacey e floydiani, ma introduce già caratteristiche importanti del sound dei Malus Antler, attenti a creare suggestioni d’effetto e ad amalgamare timbri elettrici e acustici. I quindici minuti di “Sun seth” lo confermano pienamente, attraverso un magnetismo che deve molto alle pagine scritte dai Pink Floyd e dai corrieri cosmici negli anni ’70, con intriganti dialoghi tra tastiere e chitarra elettrica, ma anche con stravaganti inserimenti di clarinetto e flauto. Piacevoli le melodie vocali, anche se non supportate del tutto da una prestazione canora rivedibile e migliorabile. Questo viaggio space-rock è proposto attraverso una forma legata comunque al prog sinfonico: nell’ampia durata della composizione, infatti, si ascoltano variazioni di tempo e di atmosfera, dinamiche sorprendenti, un breve intermezzo di solo pianoforte dal sapore classico, accelerazioni improvvise e tante altre cose che vi lasciamo scoprire e che lasciano belle sensazioni. “Trance”, invece, mescola bene influenze derivanti da King Crimson e PFM con il jazz-rock ed anche in questo caso l’ascolto è un vero piacere. Si ritorna ai legami con la musica cosmica negli undici minuti di “Trip”, cavalcata davvero fantasiosa e trascinante. Ancora minutaggio elevato per “Entropia”, che vede l’alternanza di rock romantico e fraseggi più aggressivi e che precede la conclusione affidata a “Utopia”, sei minuti e mezzo in cui spiccano in particolare intrecci strumentali tra prog e jazz-rock. Non possiamo che esprimere un giudizio positivo per questo lavoro che nei suoi cinquantadue minuti di durata sa essere ipnotico e capace di mescolare bene le influenze che ci sono alla base (un processo con risultati non dissimili da quelli ottenuti qualche anno fa dagli Alhambra di Andrea Monetti); con qualche ritocco là dove si individua qualche limite, a partire dalle parti vocali, potranno raggiungere risultati di alto livello.
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Peppe Di Spirito
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