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MURDER AND PARLIAMENT Murder and parliament Bad Elephant Music 2017 UK

Tom Slatter è sicuramente un personaggio quantomeno originale e si sforza sempre più di apparire tale. Polistrumentista con cinque album (ad oggi) all’attivo sotto proprio nome, durante lo stesso anno in cui esce “Happy people” mette sul mercato quest’altro lavoro con il moniker di Murder and Parliament, totalmente strumentale. Se gli album precedenti traevano ispirazione – per ammissione dello stesso interessato, che ha citato anche i telefilm del “Doctor Who” – da riferimenti molto eterogenei come Genesis e Nick Cave, qui tutto suona ancora più personale, ma allo stesso tempo crudo e contraddistinto da quell’alienazione primitiva che segue qualche disastro, probabilmente scaturito da un eccesso di tecnologia. Davvero difficile descrivere gli otto brani, che oltre allo stesso Slatter (naturalmente a tutti gli strumenti) vede la partecipazione del bassista Alun Vaughan e di Chrissie Caulfield al violino. Il sentore è ovviamente post, con quella malinconica e forzata melodia che in realtà vuole essere dissonanza, tra velleità d’avanguardia e modo di fare casual (sì, proprio come il tipo di vestiario). Bene, ma alla fine Slatter che cosa propone, questa volta? È così difficile dirlo? Beh, per una volta la colpa non è da dare al recensore di turno e alla sua incapacità di espressione, perché l’artista britannico ce l’ha messa tutta per sfuggire alle catalogazioni, con tutto ciò che questo comporta. Le iniziali “A Scattering” e “Crookedness” rispondono per intero a quanto sopra esposto, aggiungendo che l’autore non sfugge ad alcuni passaggi d’atmosfera che qualcuno ha persino definito jazz (la fantasia umana non ha davvero limiti!), prediligendo comunque gli improvvisi ritmi dove si pesta in stile simil-punk. “Grey Malkin” è invece più metal, facendosi apprezzare per le finezze tecniche, anche se “Firecracker” è forse la composizione più equilibrata. “Embers” mette in primo piano il violino e ben presto diventa soporifera, “Kettle and Cauldron” e “Clamour” – quest’ultima con il basso in bella evidenza – potrebbero essere i diversivi di qualche prodotto di casa MoonJune Records (da questo punto di vista i riferimenti trasfigurati al mondo jazz potrebbero essere qui verosimili), mentre la conclusiva “They Broadcast My Birthday On a Number Station” verte più sul versante prog-metal e suona solare rispetto a quanto ascoltato fino a questo punto.
Una di quelle uscite in cui gli addetti ai lavori, a caldo, parleranno in termini che definire entusiastici sarà poco. Alla lunga, però, non si sa quanto resterà nella memoria. Di sicuro, Tom Slatter è riuscito a ricreare il sound di una vera band e se non si conoscesse la verità difficilmente si potrebbe sostenere che praticamente si tratta di una sola persona. Questo è senza dubbio un punto di lode, che rimarca ancora di più la sua indubbia professionalità.



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Michele Merenda

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