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MACCHINA PNEUMATICA Appartenenza Black Widow Records 2022 ITA

Il quartetto milanese giunge invariato alla sua seconda prova discografica, dopo l’apprezzatissimo esordio (“Riflessi e Maschere”) del 2019. Invariata è anche la formula musicale con cui si propone, con uno hard prog reminiscente di Atomic Rooster o Argent, con brani dalla durata non particolarmente estesa e liriche non certo invasive (anzi…). La miscela musicale della band in realtà risente, in maniera certamente positiva, delle attitudini psichedeliche che contraddistingueva la sua incarnazione originaria come power trio nonché del background jazz e fusion del drummer Enzo Vitagliano (presente solo su alcuni brani dell’esordio). L’ingresso del chitarrista e cantante Raffaele Gigliotti fu quello che apportò un sound più heavy e simile a quanto possiamo ascoltare nelle due opere discografiche che abbiamo a disposizione.
La title track apre l’album in maniera energica, con riff chitarristici potenti e una solida vena hard blues che ci porta alla mente Atomic Rooster o anche Uriah Heep; si tratta anche della traccia più breve e anche di quella di maggior impatto, sebbene non proprio lineare nel suo sviluppo. Notevole è infatti il ruolo dell’organo Hammond che caratterizza la parte centrale del brano, costituita da un’infuocata jam strumentale su cui poi si inserisce di nuovo il potente cantato di Gigliotti. La successiva “Pazzo” acquista atmosfere decisamente più oscure, con una ritmica meno frenetica e quasi ipnotica, ondeggiando tra cambi di tempo e di stile, con parti vocali espressive ed eclettiche.
“Fuoco d’Agosto” accantona momentaneamente le sonorità più pesanti in favore di un brano dalle caratteristiche più sinuose e con richiami che ci riportano al Prog anni ’70, con una chitarra più raffinata che si intreccia in modo pregevole con le tastiere. Notevoli, come sempre, i momenti strumentali che connettono le non invadenti parti cantate e, proprio per dar adeguato spazio a momenti come questi, è ora il turno dell’unico brano strumentale dell’album, nonché quello di maggior durata, “Il Cerchio”, che si ferma giusto alla soglia dei 9 minuti. Il pezzo sembra essere uno sfoggio tecnico dei musicisti della band, con assoli, lunghi riff ed interessanti intrecci ma non si deve cadere nell’errore di considerarlo una mera esibizione senza anima dato che di ciccia al fuoco ce n’è comunque un bel po’.
Torniamo in ambientazioni heavy Prog con la successiva “Rendimento Garantito”, col ritorno dei riff potenti di chitarra supportati dalle tastiere urlanti e da un cantato graffiante ma con cambi di tempo interessanti che sfociano anche in ambientazioni più soft. L’album si chiude con “Venerdì Sera”, brano introdotto da morbide linee di piano e da una chitarra arpeggiata che ben presto però lasciano il campo a solidi riff sostenuti da un robusto drumming e che presenta gli ormai consueti intermezzi strumentali che considero senza dubbio i momenti più interessanti dell’album, senza nulla togliere alle parti cantate.
Si chiude quindi questa seconda prova discografica della Macchina Pneumatica che, a conti fatti, ritengo giusto un gradino al di sotto dell’ottimo esordio, non tanto per demeriti suoi quanto perché forse era difficile bissare un album di alto livello come “Riflessi e Maschere”. Ci troviamo comunque tra le mani un buon album di robusto Prog, muscolare al punto giusto e non privo di eclettismi stimolanti che ci intrattengono in un ascolto decisamente interessante.



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Alberto Nucci

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