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M-OPUS At the mercy of Manannán Rude Chord Recordings 2023 IRL

Gli M-Opus giungono nel 2023 al loro terzo album con questo “At the mercy of Manannán”. Particolarità di questa band è che per i loro lavori immaginano un anno di pubblicazione del passato e il nuovo disco è datato 1972. Siamo al cospetto di un concept, ideato dal compositore, cantante, tastierista e bassista Jonathan Casey (noto per la sua militanza nella band di David Cross e autore di musiche per la televisione ed il cinema) durante il periodo del lockdown a causa del Covid. Per l’occasione l’autore ha fatto un volo di fantasia inventando una storia che unisce avventura e mitologia, narrando le peripezie di un equipaggio di marinai che durante una missione pericolosa incontra antichi dei celtici, tra i quali Manannán, dio del mare. Casey è coadiuvato da Mark Grist alla batteria e da PJ O’ Connell e Colin Sullivan alle chitarre. Essendo teoricamente un’opera del 1972, musicalmente gli M-Opus ci fanno fare un viaggio indietro nel tempo. La partenza ci spinge subito in piene sonorità Yes, mescolandole con un pizzico di David Bowie, con la breve apertura pacata, ma in crescendo, “Setting off” e la seguente e più movimentata “Riverflow”, dal ritornello che entra immediatamente in testa. Proseguendo l’ascolto si passa dalle spigolosità frippiane dell’ottima e strumentale “Whirlpool” alle atmosfere pacate e semiacustiche all’inizio di “To the other side”, che parte come una sorta di ballad con qualche tocco Genesis per poi aumentare di intensità e sfociare in un rock sinfonico vigoroso, in realtà non troppo riuscito. Ci soffermiamo un attimo su “Na Brúidai”, caratterizzata dal cantato in gaelico; non pensate a contaminazioni col folk celtico, perché per l’occasione, in quasi otto minuti, gli M-Opus puntano su un sound più robusto, un heavy prog tecnico, ricco di variazioni, con begli intrecci strumentali e reso curioso dalle particolari sezioni vocali. Più melodica “Valley of Elah”, per la quale è stato girato anche un video, ci catapulta più nella seconda metà degli anni ’60 e al flower power californiano. Ci avviciniamo al finale ed incontriamo dapprima tre minuti di “Scaling Novas”, inizio folk-prog e seconda metà più wilsoniana, e poi, senza soluzione di continuità, “Carnivale”, che presenta un’introduzione misteriosa prima di una nuova spinta verso lo yessound. Pur non offrendo nulla di strabiliante “At the mercy of Manannán”, risulta decisamente godibile e mostra le discrete capacità degli M-Opus. A volte magari si ha l’impressione che tutto sia stato studiato fin troppo a tavolino, ma, complice anche la breve durata di quaranta minuti, l’ascolto si rivela di sicuro gradevole.



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Peppe Di Spirito

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