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MOTO ARMONICO |
Wondering land |
Andromeda Relix |
2023 |
ITA |
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A distanza di nove anni dal precedente full-length, la prog-metal band veronese torna sul mercato discografico con il suo terzo lavoro, partecipando nel frattempo ad alcuni festival (vincono la quinta edizione del Tregnago Rock Contest) e subendo vari cambi di formazione. Era dal 2016 che non si sentivano, anno in cui uscirono con il singolo “Skin As Snow”, riproposto anche in questa sede. Il ritorno sulle scene avviene con un concept che sa di fantasy fin dalla bella e suggestiva copertina, con relativo libretto illustrato, ad opera di Elisa Granzarolo. L’album è basato sulla storia originale scritta da Annamaria Ferrari, il cui testo è stato poi adattato in musica dal nuovo cantante Andrea Vilardo (già con i Blind Golem). Un’intro solenne, sinfonica e vorticosa rappresenta il giusto preludio al racconto che parla di terre meravigliose, draghi e minacce che frantumano una tranquillità ritenuta eterna. A seguire, la title-track (soprattutto nella strofa iniziale) sa molto di ballatona in stile Dream Theater, arricchita poi da alcune esecuzioni velocissime del leader Uccio Ghezzer alle sei corde. I riferimenti al Teatro del Sogno li si coglie anche nella successiva “Unexpected Windy Week (Waves)”, che dura ben undici minuti. Una lunga parte centrale totalmente strumentale, che dopo i complicati passaggi ritmici lascia spazio a fasi soliste (tastiere/chitarra) in alcuni casi anche abbastanza personali, seppur volte a non svettare dall’andamento complessivo ma a rimanere nel mare sonoro su cui viaggiano le immagini della storia. Quando si ritorna a cantare, la somiglianza con certe intonazioni medio-alte di James LaBrie (soprattutto da “Metropolis part 2” in poi) è davvero evidente. Ci sono altri due pezzi “chilometrici” (entrambi con il batterista Isacco Delle Pezze degli Stargate al posto del titolare Marco Beso), a partire dai nove minuti di “The Dragons From The East”, che dopo l’inizio decisamente poetico si incattivisce, alternando poi fasi più aggressive ad altre maggiormente liriche. Un pezzo in cui appare molto importante il lavoro del bassista Giampi Tomezzoli, su cui possono poi svariare gli assoli tendenti al neoclassico di Ghezzer. C’è poi “Just Three Worlds” posta quasi in chiusura, che dura oltre quindici minuti; un robusto heavy rock dove a tratti compaiono anche i Pain Of Salvation. La composizione è molto complessa, i riff suonano parecchio “densi”, pesanti e le tastiere di Christian Pasin si rendono protagoniste di puntate improvvise molto ficcanti, taglienti. Alla pesantezza dei riff, comunque, Ghezzer contrappone degli interventi solisti più melodici. Un’esecuzione complessiva che va riascoltata un paio di volte, perché qui c’è parecchio materiale sonoro, a sua volta inserito in un contesto caotico, se non addirittura congestionante. Non si può non menzionare il succitato singolo, “Skin As Snow” (anche stavolta suonato assieme a Delle Pezze), tendente al power metal melodico; una di quelle canzoni per duri dal cuore tenero, che però suona più grezza rispetto al resto e sembra appartenere già ad un altro periodo della scena heavy rispetto a quella attuale. Risultano poi complicatissimi i sette minuti abbondanti di “The Weapons Against The Giants”, una battaglia non solo nei testi ma anche nell’esecuzione, tra Dream Theater e Sieges Even, qui con il supporto del cantante Flavio Caricasole e del chitarrista Fabio Varalta, pure loro negli Stargate, che poi termina con un martellamento vero e proprio. Anche “Mrs Herridan” è un pezzo molto power, mentre “Resembling King Arthur” ne assume in parte le connotazioni nel finale, dopo una prima parte in stile ballad dal sapore ancestrale. In conclusione, la scena prog-metal italiana continua ad andare avanti, pur rifacendosi a tutti i riferimenti esterofili sopra riportati. Ci sarebbero da citare anche i connazionali Empty Tremor, i quali – comunque – cominciarono somigliando proprio alla band di Petrucci e Portnoy. Lavoro più che discreto, suonato comunque molto bene, che soddisferà i fan sfegatati del genere in questione.
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Michele Merenda
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