Il cd d’esordio per questo quintetto americano è un conept-album incentrato sulla storia di un uomo che decide di vivere al di là di quel conformismo imperante oggigiorno e per descrivere simili tematiche la band americana si orienta in pratica nel ripercorrere la storia del rock sinfonico, attraversandone le tappe fondamentali. Nonostante un numero elevato di brani (ben diciotto) che giocoforza non possono essere eccessivamente lunghi, i musicisti sono in grado di mostrare abilmente le loro influenze con passione ed energia in composizioni che risultano decisamente efficaci. Si parte con una traccia (“Jihad”) dal chiaro stile Yes, con intrecci strumentali complessi ed ariose melodie vocali (che si ripresenteranno in altre occasioni durante l’ascolto dell’album) e si prosegue in un valido bailamme di riferimenti al passato e al presente, attraverso il quale ci si sposta dal rock americano anni ’70 (“That’s life” e “Daydreams”) ad arie medievali che possono ricordare i Gentle Giant o certi Jethro Tull (“The golden fleece”), da echi del romanticismo genesisiano di un periodo molto amato all’esplorazione di terreni percorsi recentemente dai connazionali Echolyn, senza disdegnare spunti curiosi e divertenti quali il breve frammento circense-zappiano rappresentato da “Boll Weevil’s Flea Circus”, qualche frangente più orecchiabile, o anche fugaci incursioni in atmosfere a cavallo tra Pink Floyd e Mike Oldfield. La bravura dei musicisti si avverte non solo per merito di discrete doti tecniche, ma anche per le indovinate costruzioni che vedono l’alternanza di strumenti acustici ed elettrici e per il gran feeling che scaturisce da un cd che è una sorta di piccolo compendio di trent’anni di progressive rock. Inutile descrivere il disco minuto per minuto, basti dire che le molteplici influenze sono seguite e trasposte con il cuore ed il risultato finale premia le scelte di una band brava a far interagire passato e presente in un calderone preparato e presentato con ingegno e talento.